jueves, 22 de marzo de 2012
IL LAGO TITICACA. UN MITO TRA PERU' E BOLIVIA
miércoles, 21 de marzo de 2012
MISTERI E MAGIE DI MACHU PICCHU
Cosi e' stato, non appena siamo scesi dalla montagna e abbiamo iniziato a camminare tra le viuzze della antica città, le nuvole hanno iniziato ad aprirsi nascondendosi e dissolvendosi....il paesaggio e' da mozzare il fiato, le montagne circostanti ti pietrificano. Ero convinta che sarei impazzita con tutti i turisti che mi avrebbero circondato, ma, per la prima volta, mi sono sentita in sintonia con tutti, non ho incontrato i classici turisti coglioni che in posti cosi normalmente mi fanno perdere l'equilibrio bio-psico-geo-eco-fisico. Tutti eravamo in perfetta sintonia ad ammirare questo spettacolo. Il posto e' l'ennesima conferma che gli Inca costruivano le loro città in luoghi energetici. In particolare Machu Picchu e' stata costruita su un blocco di quarzo. Ma a parte questo, la cittadella e' in perfetta armonia con l'ambiente circostante e le montagne che la circondano sembrano girare intorno a lei come in un girotondo. Non si sa ancora bene come, ma per la sua costruzione, che e' durata un centinaio di anni, hanno appianato la montagna, cioè' ne hanno letteralmente tagliato un pezzo. E' da non credere, ma effettivamente si nota che tutt'intorno non ci sono altri ripiani come quello sopra cui sorge Machu Picchu. Son tutte montagne a punta, tutte. Intorno a questo ed altri misteri, fin dalla sua scoperta, studiano geologi, antropologi, storici, agronomi e chi più ne ha più ne metta e le tesi non sono esattamente unanime. Sono comunque tutti d'accordo sul fatto che il materiale con cui son state costruiti gli edifici, le terrazze, le vie e le scale e' stato preso sul posto, dagli stessi blocchi risultanti dalla rottura della montagna. Un altra scoperta da lasciare a bocca aperta e' che il terreno delle tantissime terrazze che la circondano e della piazza non e' terreno del posto. Si tratta di humus, terra fertilissima che sembra abbiano trasportato fino a 2400 metri per poter rendere possibile l'agricoltura in questo luogo. Nessuno sa bene come sia potuto realizzarsi un simile trasporto. Io immagino che molta terra sia stata creata in loco tipo compost, ma si parla di km cubici di terra e perciò il mistero rimane. Le incognite sono molte perché Machu Picchu e' stata scoperta e valorizzata solo a inizio del 1900: gli spagnoli durante la conquista ignoravano della sua esistenza...e grazie a questo motivo si e' conservata quasi perfettamente. Non manca molto più dei tetti. Il resto e' come era.
E la gente del posto o dei dintorni che dice? Cos'è rimasto nella memoria collettiva? Niente. Nessuno sa niente, nessuno ha racconti di nonni e bisnonni riguardanti questa città Eppure secondo vari calcoli qua dovevano viverci 400 persone. Che fine hanno fatto? Beh, iniziamo col dire che questa non era una città per tutti: fu costruita esclusivamente per la élite..una specie di Olimpo tra le nuvole. Perché? C'è chi sostiene che dato che alcune delle popolazioni conquistate dagli Inca non erano molto felici di essere sottomesse, per difesa, fu creato questo paradiso semi terreste lontano da tutto. Ha abbastanza senso. Le terrazze venivano coltivate da alcuni membri del popolo che facevano anche parte dell'esercito e il resto degli abitanti se la spassava tra meditazione, camminate e bella vita immagino. Ma la festa non duro' molto più di un secolo...dopo di che il nulla, l'oblio.
Pare che negli edifici siano stati ritrovati solo vestiti e oggetti da donna...Cosa sara successo agli uomini?Probabilmente, quando arrivarono gli Spagnoli nella zona, tutti gli uomini scesero per combattere e per anni restarono solo le donne, finché, forse, reputarono non sicuro il loro rifugio e se ne andarono anche loro. Ma il fatto che nessuno in zona sappia niente e' molto strano. C'è sempre qualche discendente che conserva la memoria storica. Non in questo caso.
Quando nel 1911 lo statunitense Hiram Bingham, con la guida di un ragazzino del posto trovo' queste rovine, due famiglie di contadini stavano occupando un paio di case. Ma sembra che abitassero li solo da 9 anni e che stessero svenducchiando qua e la' gli oggetti che trovavano. I tipi furono fatti evacuare ma poi Bingham stesso non fu meno ladro: con la scusa di far studiare ad una università americana i ritrovamenti (perché poi non ad una peruviana scusa?) si porto' tutto in patria dicendo che avrebbe restituito ogni cosa al Perù dopo 3 anni. E' passato un secolo e la maggior parte delle cose ancora non sono tornate. E va beh, soliti furti tra stati. Fortunatamente le pietre non se le e' potute portar via e la città rimane li dov'e', con le sue case, le sue fantastiche terrazze, le sue scalinate infinite, i suoi templi per la spiritualità e per i calcoli astronomici, dei quali ancora non tutti son stati decifrati. Li' immobile aspettando che si risolvano gli enigmi.
In realtà la nostra guida ci ha detto che a causa di una falda geologica la capacita' di carico di Machu Picchu e' superata ogni giorno e a maggio l'Unesco decidera se chiudere o meno l'accesso alla citatdella, lasciando ai turisti la sola possibilita di ammirare questa meraviglia artificiale e naturale da un balconcino... lo so, e' una notizia terribile. Consiglio a tutti di sbrigarsi se non volete vederla col cannocchiale.
lunes, 19 de marzo de 2012
IL CUORE PULSANTE DELLA CAPITALE DELL'IMPERO INCA
Nonostante Lima sia una bella città (la nostra visita e' stata ancora più interessante in quanto ci siamo incontrati con Sara, che si segue il progetto a Pamparomas per conto della Ong italiana), il vero spirito di questo popolo lo si respira a pieni polmoni a Cusco, l'antica capitale dell'impero Inca dalla forma di un puma (oggi e' difficile notarlo data la grande espansione che ha avuto negli ultimi secoli) e l'attuale capitale archeologica americana. Quando il primo Inca Manco Capac, nel XII secolo, su richiesta del dio Inti (il dio sole) trovò l'ombelico del mondo, fondò in quel luogo la città e la denominò Qosq'o, che in quechua significa appunto ombelico. Dopo di lui si succederono vari Inca (Inca era l'imperatore, non il popolo) e fu con il nono, Pachacutec, che l'impero si espanse a livelli gloriosi, dal sud dell'attuale Colombia al nord dell'Argentina e del Cile (furono i Mapuche a fermarlo). Il metodo di conquista era in primo luogo di tipo pacifico, basato sulla conoscenza e la tecnologia, infatti molti popoli si sono annessi all'impero volontariamente, considerando gli Inca delle persone sagge, colte, in grado di portare progresso e benessere. Poi, in caso di resistenza si ricorreva alla guerra. Questa grandezza raggiunta da Pachacutec duro però solo un centinaio di anni, difatti quando l'undicesimo Inca Huayna Capac, sul letto di morte divise l'impero tra i suoi due figli, Huascar, nato e vissuto a Cusco e Atahualpa nato da una donna di Quito e sempre vissuto li', segnò l'inizio della fine di questa grande civiltà. I due fratelli, infatti, provocarono una guerra civile, indebolendo il popolo e quando Atahualpa, dopo aver avvelenato il fratello, prese il controllo anche della parte sud dell'impero, sembra che la gente non lo amasse e non lo riconoscesse. La sfortuna (o fortuna, dipende da che parte state) vuole che gli Spagnoli arrivassero proprio in questo momento...e quale momento migliore? Non solo all'inizio furono bene accolti e rispettati, in quanto arrivati dall'acqua (come, secondo la leggenda, arrivarono anche gli Inca), vestiti di metalli preziosi (le armature) e in groppa ai cavalli (cosa che dava loro una luce sacra e una posizione superiore), ma, anche nel momento del combattimento, non fu difficile vincere un popolo ancora diviso. Il conquistatore spagnolo Pizarro e l'Inca Atahualpa si incontrarono a Cajamarca e questo momento cambiò il corso della storia del Sud America. Atahualpa fu preso in ostaggio e questi, in cambio della libertà offrì molto dell'oro custodito a Cusco. Peccato che gli spagnoli non erano uomini di parola e, dopo averlo tenuto prigioniero vari mesi lo ammazzarono e marciarono su Cusco. Qui, e nelle zone circostanti, si svolsero varie battaglie, ma i cavalli, le armature, e le spade di acciaio avevano già scritto l'ovvio finale.
Nel corso del periodo coloniale ci furono alcuni tentativi di rivolta da parte del popolo, come quello di Manco Inca nel 1536, finito con la sua morte o quello di Tupac Amaru, altro discendente Inca nel 1571. Questo, in particolare, fece le cose fatte bene, anche se il finale non gli diede giustizia. Organizzò un movimento rivoluzionario, condannò a morte e giustizio' un funzionario reale, abolì il sistema di lavoro nella mina di Potosi', dove venivano schiavizzati gli indigeni e dove in più di 8 milioni, persero la vita, abolì tutte le imposte e l'obbligo di mano d'opera indigena di qualsiasi tipo. Migliaia di gente lo seguiva e combatteva al suo fianco, finché, pare, tradito da qualcuno, fu catturato. Quando, in cambio di promesse, gli furono chiesti i nomi dei complici lui rispose “qui non ci sono altri complici a parte tu ed io: tu in quanto oppressore ed io in quanto liberatore meritiamo la morte”. Fu legato braccia e gambe a quattro cavalli fatti andare in direzione opposta x smembrarlo nella piazza principale di Cusco e infine decapitato. Ammazzarono tutta la sua famiglia e i suoi discendenti fino al quarto grado.
La cosa meravigliosa del Perù e di Cusco in particolare e' che, attraverso i suoi musei, le sue guide, i suoi affreschi artistici per le strade, lancia un messaggio che non e' di supporto alla grandezza europea: e' un messaggio di amore per il proprio popolo, di riscoperta della proprie radici e di invito, rivolto alla propria gente, ma anche al mondo intero, a rileggere e reinterpretare la storia e riscoprire la forza culturale e spirituale del popolo americano e in particolare quello andino.
Non ci e' bastata una settimana per visitare tutti i siti archeologici di Cusco e del Valle Sagrado. Beh, Cusco in se' e' un sito archeologico, basta camminare per le vie del centro per rendersi conto che gli spagnoli costruirono la città coloniale sulle basi di quella incaica: i palazzi sorgono su muri fatti di pietre finemente lavorate e incastrate tra loro perfettamente in modo tutt'oggi inspiegabile e irriproducibile. Le chiese furono costruite sopra ai templi che distrussero in parte (a volte la base e' la stessa) e per le quali usarono gli stessi materiali. Ma ad impressionare maggiormente sono i siti archeologici dei dintorni, come Chinchero, in cui si vedono chiaramente elementi incaici, o Saqsaywaman, un complesso creato da Pachacutec che, nonostante sia rimasto solo il 20% dell'originale perché fu distrutto e molto del suo materiale usato in vari edifici della città coloniale, provoca un forte impatto per l'imponenza delle mura rimaste, la forma, la grandezza della sua piazza e la perfezione delle strutture, o anche il sito di Tambomachay, uno dei numerosi Tambo, ossia dove i Chasky (messaggeri dell'impero) vivevano con la famiglia in attesa di dare il cambio al loro collega (il sistema dei messaggeri funzionava tipo una staffetta) o riposavano e si ristoravano dopo una lunga corsa. Ma era anche una sorta di residenza rurale dell'Inca, in cui veniva adorata l'acqua attraverso sistemi di canali e fontane e dove la meditazione era l'attività principale. Pukapukara, poco distante, era invece il luogo in cui i giovani Inca si ritiravano per completare la loro formazione, che era soprattutto di tipo spirituale. Anche il sito di Q'enco e' affascinante: si tratta di un antico tempio e luogo cerimoniale che fu poi rovinato e sotterrato dagli spagnoli, per imporre il cristianesimo. Il più impressionante e' il sito di Ollantaytambo, una cittadina che ha mantenuto la forma, le viuzze, i canali e le mura dei palazzi della vecchia città inca e che e' stata continuamente abitata per più di 700 anni. Fu la sede di una delle battaglie vinte dagli inca contro gli spagnoli, infatti presenta un complesso di difesa, ora sito archeologico, che salendo sulla montagna attraverso numerose terrazze che ospitavano i coltivi e allo stesso tempo facevano da mura, arriva alla fortezza dalla quale si dominano la valle e i suoi ingressi.
Infine c'è Machu Picchu...ma ai pochi che sono riusciti a seguirmi fino a qui, concedo un po di meritato riposo, e a Machu Picchu stesso uno spazio tutto per lui...
sábado, 17 de marzo de 2012
IL PULMINO DEI CRETINI
Dopo questa esperienza siamo ancora più convinti che ci facciano schifo e che continueremo ad evitarle. Non e' solo il fatto che si e' in tanti ma non ci si caga, o che viene repressa la liberta individuale, quel che più mi da fastidio e' che veniamo trattati come bestie stupide. In questa escursione in particolare poi, la guida era un perfetto imbecille che ripeteva alla fine di ogni frase “estamos bien?” ossia un equivalente del nostro “ci siamo?” e che sembrava si fosse pippato un chilo di coca o che avesse un appuntamento con una gnocca e noi gli stessimo facendo perder tempo. Poi quando succede che la mia strada, soprattutto se e' un
cammino interessante, si incontra, interseca e sovrappone con un elemento del genere finisce che mi sale un nervoso, ma un nervoso, che non riesco più a star dietro all'assunto perché vorrei solo eliminare il suddetto elemento dal mio orizzonte. E quindi alla fine ci rimetto non solo in salute, ma anche in tempo e conoscenza, dato che quel che apprendo dalla visita e' un terzo di quello che avrei potuto apprendere altrimenti, che comunque e' poco dato la preparazione del soggetto in questione. Se poi questo sottosviluppato celebrale dice che la cultura Chavin, che era una civilta preincaica di alto livello dati i resti trovati, si e' estinta perché consumava il San Pedro, che e' risaputo essere stato, in tutta l'America andina, una pianta sacra che veniva usata dai sacerdoti per le loro cerimonie e che in tutte le altre culture non ha provocato danni a livello di massa...allora scusate, ma come si fa a non volergli staccare la testa con un morso e darla in offerta al dio delle fogne? Per non parlare del fatto che in tutta la giornata non si e' levato un secondo quegli occhiali da sole da perfetto coattone, come si dice a Roma e io se sto parlando con qualcuno, o se lo sto ascoltando, gradirei guardarlo negli occhi.
Ma la cosa che mi ha fatto perdere le staffe e' stata la visita al museo: sembrava una gara, spendeva mezzo minuto per ogni stanza e se ci fermavamo a leggere le spiegazioni nei cartelli ci diceva che non potevamo ne' andare avanti ne' restare indietro, bensi dovevamo seguirlo e basta.
Mmm...uu..hh...ggrrrrrrrrrrrAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH! Ad un certo punto son scoppiata e gli ho detto che non mi piaceva per niente questo modo di visitare il museo e che lui mi metteva ansia. E' rimasto un secondo zitto, poi ha continuato la sua performance ma non mi ha più rotto le palle se io visitavo il museo per gli affari miei. In ogni caso non ho potuto soffermarmi troppo perché molto presto ha annunciato la partenza del pulmino. Una volta su, ha avuto il coraggio di dirci che se quando fossimo passati per un passo di montagna a 4000 metri avessimo incontrato la neve, saremmo scesi per giocare. CHE COSA??? SCESI PER GIOCARE CON LA NEVE???? Mi hai messo il peperoncino in culo per tutto il giorno, abbiamo visto il museo come se ci stessero crollando in testa le mura e ora tu vuoi fermarti a giocare con la neve???? Penso che qualche dio lassu sia stato clemente con lui e non ci ha fatto trovare la neve perché se no non so come finiva...
Ovviamente, data la premessa, non posso dire di dominare la questione “Cultura Chavin”, ma posso raccontarvi che si trattava di quella che viene considerata la civilta più antica del Peru. Il luogo, che ora e' un sito archeologico, fu costruito tra il 1200 e l'800 a.C ed era un luogo di culto e pellegrinaggio come lo sono il Vaticano, Gerusalemme o la Mecca. Si possono vedere ancora chiaramente la piazza principale che ospitava le cerimonie di un gran numero di pellegrini e che preannuncia un enorme tempio in stile azteca (infatti si teorizza che forse i Chavin venissero dal Messico o che avessero avuto contatti
con gente di quelle zone). A circondare la piazza e' un sistema sofisticato di canali e drenaggi che pare servissero anche per intimorire il popolo (che doveva lasciare qui il suo tributo), infatti l'acqua, passando sotterraneamente faceva un suono che sembrava quello del verso di un puma incazzato e, come si sa, il puma, insieme con il serpente e il condor, sono i tre animali che si usavano, nelle culture andine, per rappresentare la loro cosmologia (il serpente rappresenta il mondo dei morti, il puma quello dei vivi e il condor quello delle divinita) e che sempre ritornano nell'architettura e nell'arte dei popoli antichi. In cima al tempio sono rimaste intatte delle gallerie in blocchi di pietra, che abbiamo potuto percorrere, che servivano per le cerimonie sacre ed allucinogene dei sacerdoti e che hanno conservato perfettamente una statua monolitica rappresentante il loro dio. Secondo alcune testimonianze del tempo della conquista, quando gli spagnoli sono giunti qui, c'era ancora gente che peregrinava al tempio lasciando le loro offerte, nonostante la cultura Chavin fosse gia stata assimilata dagli Inca. Poi, successivamente, il posto e' stato sotterrato quasi interamente da una valanga e gli spagnoli non gli hanno più dato importanza. E' stato quindi dimenticato e non citato più nei documenti della conquista, finche, per una serie di coincidenze e ricerche, un po alla volta archeologi e storici lo hanno ritrovato e rivalorizzato.
Nonostante la brutta esperienza con l'escursione organizzata e con l'idiota della guida, questo posto tra le alte montagne peruviane ci ha affascinato con la sua storia e ci ha dato ulteriori elementi per non giungere nell'ombelico del mondo inca impreparati...
viernes, 9 de marzo de 2012
IL VIAGGIATORE COME PONTE TRA LE CULTURE
Tre o quattro anni fa, dall'Argentina, contattai Juan, un professore di turismo, perché ero interessata ad un suo progetto di turismo responsabile che stava realizzando qui in Perù. Alla fine optai per lavorare come volontaria in Patagonia e il resto e' storia...Beh, quando siam passati per Trujillo, la sua città, abbiamo deciso di conoscerlo e capire un po' come lavora. L'incontro e' stato molto piacevole, interessante e ispirante ed e' terminato con il consiglio, da parte sua, di passare per Pamparomas, nella Cordillera Negra, dove da poco ha avviato un nuovo progetto e soprattutto dove avremmo dovuto assolutamente conoscere Padre David, un canadese che da quasi vent'anni vive li'. Noi non siamo molto nella onda chiesa, preti, ecc, ma ci piaceva l'idea di andare in un paesino tra le montagne e conoscere gente impegnata in progetti interessanti. Con curiosità siamo arrivati a Pamparomas, e con un groppo in gola, 12 giorni dopo l'abbiamo salutata. Questa e' stata una delle esperienze più intense del viaggio.
David e' un prete con i contro-coglioni che nel 1997 ha formato una organizzazione no profit (la Junta de Desarrollo Distrital de Pamparomas) e, attraverso fondi di alcune ONG, tra cui una italiana, e' riuscito a dare lavoro a vari giovani del posto e delle comunità circostanti. Si tratta di una istituzione che ha come scopo il recupero, in una zona che oggi soffre gravi problemi di malnutrizione, delle tradizioni preispaniche, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura e l'alimentazione, nonché l'autostima in loro stessi e nella loro cultura (diminuita notevolmente a causa di secoli di sfruttamento e discriminazione). Questa gente parla quechua e vive ancora organizzata in comunità. Insomma, il popolo andino resiste. La civiltà europea in più di 400 anni di occupazione e imposizione non e' riuscita a cancellare completamente la loro cultura. L'impero incaico e' stato battuto, ma e' ancora vivo. Un po' acciaccato, ma persevera. Sono andate perse molte delle conoscenze e tecniche riguardanti l'agricoltura (che comunque e' estesa), l'architettura e altre scienze perché non esisteva una vera e propria scrittura quechua e le rappresentazioni artistiche riguardavano solo l'aspetto sacro e non quotidiano della vita, ma soprattutto perché gli spagnoli hanno eliminato i loro capi (gli Inca) e hanno costretto il resto del popolo, tra cui contadini, intellettuali, astrologi e detentori del sapere, a lavorare nelle miniere durante la folle ricerca di oro e argento da inviare alla madre Europa, o li hanno schiavizzati in altri modi nella costruzione delle colonie. Ciononostante la cosmo visione, la solidarietà, il loro vivere in comunione, le loro danze, le loro musiche, la loro arte e la lingua sono rimasti e testimoniano l'esistenza di un popolo vivo.
Attraverso un team di giovani della zona da poco laureati (o ancora studenti) in agraria, comunicazione e contabilità la Junta lavora nei suoi uffici e raggiunge le comunità circostanti e le aiuta a riscoprire dentro di loro e tra di loro le conoscenze millenarie e a diffonderle. Un po alla volta siamo entrati in confidenza con i ragazzi e abbiamo partecipato alle riunioni e e condiviso esperienze (oltre ad aver trafficato per giorni con i computer per ripulirli e installare Linux, nella speranza che non abbiano più problemi di virus). Avendo ricevuto e imparato moltissimo, abbiamo voluto lasciare un po della nostra esperienza, soprattutto per quanto riguarda le eco-tecnologie “caserecce” come il compost toilet, lo scaldabagno solare, l'utilizzo dell'energia passiva attraverso varie tecniche di auto-costruzione con materiali naturali, ma anche consigli per la gestione e il riciclo dei rifiuti, fino ai metodi di agricoltura imparati in Patagonia e durante le nostre esperienze nelle aziende agricole e fattorie in Italia e in Norvegia o visti durante questo viaggio in Sud America. Insomma, c'è stato uno scambio interessante e loro sono rimasti molto contenti di poter conoscere esperienze diverse.
Un paio di volte abbiamo visitato una comunità ad una ventina di km dal paese. La prima volta siamo andati in moto con uno dei ragazzi della Junta e il gruppo dei giovani che si occupano del progetto nella comunità ci ha mostrato il loro lavoro nella serra, i loro allevamenti di porcellini d'India e di Lama (antiche tradizioni mai morte) e la comunità in generale. La seconda volta siamo saliti in autobus (e tornati giù in due con una bici senza catena!) e la comunità ci ha offerto un pranzo di quinoa, porcellini d'india (che ho mangiato nonostante non mangi carne) e riso. Noi abbiamo offerto loro pane fatto il giorno prima nel forno di terra cruda della zia di un ragazzo della Junta e una cremina di avocado e li abbiamo aiutati ad aggiustare il telo di nylon della serra, facendo vedere loro come facevamo in Patagonia. Anche qui e' stato interessante, nonostante la difficoltà linguistica e la differenza culturale (alcuni di loro parlavano solo quechua..altri non parlavano per timidezza), scambiare esperienze e conoscenze e condividere il lavoro ed il cibo.
Credo che questa sia la cosa più bella del viaggiare e chi viaggia dovrebbe sentirsi responsabile di far circolare le informazioni e le nuove o differenti tecniche tra le popolazioni visitate. Oserei dire che il viaggiatore e', potrebbe o dovrebbe essere un ponte tra le diverse culture e le diverse realtà.
Anche per questo faremo tesoro degli insegnamenti della Junta...
come dice la mia amica Lucia “Se tu hai una mela e io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea ed io ho un'idea e le le scambiamo allora entrambi abbiamo due idee”.