Taganga e' un paesino molto gettonato, non solo dai colombiani, ma anche da stranieri, per lo più artigiani, giocolieri, musicisti, fricchettoni e backpackers vari. Il mare e' cristallino, anche se la baia di fronte al paese e' un po' più “vissuta” di quelle man mano più lontane, ci sono sentierini sulle colline circostanti e tanta vita notturna, per lo più di strada e spiaggia. Ogni 10 metri si trova un carretto che vende deliziosi e freschissimi succhi di frutta caraibica che, con questo caldo, e' davvero difficile rifiutare e altri carretti tra cui quelli delle Arepa ossia panetti piatti bianchi fatti con farina di mais o gialli fatti con mais triturato con dentro formaggio, ma anche senza niente. E poi i vari teli degli artigiani, soprattutto argentini, ma anche del resto del sud america o gringo. Ah, si inizia a respirare lo spirito dell'America Latina!
Dopo aver lasciato l'ostello, che costava un po' troppo, abbiamo trovato un bel camping in cui Ted ha affittato una cameretta e noi abbiamo piantato la nostra tenda. Si tratta della casetta di Mr Willson, un parrucchiere gay che, oltre al suo negozio e alle stanze in cui vive, ha creato un paio di camere per gli ospiti e messo a posto il giardino in modo che possano accampare una decina di tende e qualche amaca. E' un luogo modesto ma Mr Willson lo tiene con cura e amore. L'atmosfera e' rilassata e trascorriamo una bella settimana in compagnia di un gruppo di ragazzi che girano con musica e spettacoli: un circo formato da quattro argentini, due francesi e una brasiliana che si sono conosciuti al Bolson, in Patagonia (il mondo e' piccolo!) e altra gente che si unisce via via, al momento con loro c'erano una boliviana ed una americana. Girano il mondo regalando sorrisi nelle zone più povere o tristi: ci han raccontato per esempio che sono appena stati in un paese nel sud della Colombia dove c'è la guerriglia, i paramilitari e i coltivatori di coca. Li' han fatto uno spettacolo ed han detto che i bimbi, che ovviamente non vedranno molta gente da fuori e tanto meno pagliacci e giocolieri, non credevano ai loro occhi! Credo che solo per questo sia valsa la pena. Poi ogni tanto si fermano in una città, o in un posto turistico e fanno qualche performance ai semafori o in giro per tirare su qualche soldo prima di ripartire. E ovviamente si godono anche il posto, e, in questo caso, il mare e la fiesta!
Vicino a Taganga c'è la Riserva Naturale Tayrona, dove io e Nico siamo stati 4-5 giorni, al riparo dalla bolgia di gente che ha scelto Taganga per le feste natalizie. Questa Riserva e' stata dichiarata Parco Nazionale del 1969 e ricopre un'area di 15000 ettari, di cui 12000 terrestri e 3000 di fascia marina. Ci sono varie specie di uccelli, tra cui l'aquila e vari mammiferi, rettili, serpenti e granchi e in mare si possono vedere coralli (io non ne ho visti) e diversi pesci. Sono stati giorni di relax, di mare, di raccolta e scorpacciate di cocco e camminate a piedi scalzi nei sentieri della giungla per andare da una spiaggia all'altra. Il paesaggio e' da quadro e ti lascia senza parole. Ovviamente il parco era un tempo abitato dal popolo Tayrona, ma questo prima che arrivassero gli spagnoli. Ora qualche comunità vive nella sierra, cioè sulle montagne di Santa Marta e qualcuno si vede in giro, di bianco vestito, a vendere qualche cosa di artigianato. A due orette dalle spiagge, se si percorre un sentiero in salita in mezzo alla giungla, o un sentiero di pietra, che dev'essere stato la via principale, (questo e' impressionante: scaloni e scalette di pietra per chilometri in mezzo ad alberi e massi) si arriva a Chairama, o Pueblito, la prima città Tayrona che lascia pensare ad un passato di splendore di questa gente. Si tratta di resti archeologici di un luogo ben organizzato, in cui venivano svolte attività commerciali, agricole e religiose. Tra l' XI e il XIV secolo d.C., ospitava circa 4000 persone. Sembra che quello che oggi si vede sia solo un terzo di ciò che appariva in quell'epoca e che l'ingegneria usata sia di altissimo livello. Oltre al sentiero in pietra in mezzo alla giungla, infatti, nella città si vedono ancora vie, canalizzazioni di fiumi, canali per la gestione dell'acqua piovana nelle abitazioni, muri di contenimento per il controllo dell'erosione, terrazze per la costruzione degli edifici e aree per le coltivazioni, ponti monolitici e scale. Inoltre nella piazza principale dove ci sono le fondamenta del tempio, rimangono anche un paio di menhir che probabilmente, insieme ad altri ora scomparsi, venivano usati per misurare il tempo. La forma della città sembra avere una connessione con il sole, come se ne marcasse il percorso, dall'alba al tramonto, vedendolo passare per la piazza cerimoniale esattamente a mezzogiorno. All'alba il sole sembrava indicare la piazza minore, cioè quella del commercio, dove avvenivano gli scambi soprattutto tra quelli che scendevano dalla sierra nevada e quelli che salivano dal mare. Durante la mattina, passava sopra alle terrazze adibite all'agricoltura e quando arrivava alla piazza principale probabilmente i Tayrona mangiavano e riposavano. Nelle ore serali, quando il sole camminava verso ponente e faceva un po' più fresco, si dedicavano ai lavori nelle proprie case e quando finiva il suo cammino, i Tayrona si ritiravano nelle grotte cerimoniali e osservavano le stelle entrando in contatto con l'aldilà. Il centro della via principale e' attraversato da un fiumiciattolo in cui probabilmente si rinfrescavano sguazzando felici come ha fatto la sottoscritta. Ah che meraviglia!
Al nostro ritorno a Taganga, Ted era partito per l'Ecuador. Probabilmente lo rivedremo la' tra qualche settimana.
Dopo 5 o 6 ore di autobus siamo arrivati a Cartagena, una splendida cittadina coloniale in stile spagnolo. Qui veniva immagazzinato l'oro che gli spagnoli sottraevano agli indigeni nell'attesa che i galeoni lo portassero in Europa che in quel tempo stava inciccionendosi della linfa vitale del nuovo continente. Furono espropriati averi (gli indigeni indossavano splendidi gioielli da loro lavorati) e saccheggiate tombe. Questo traffico durò secoli e quindi Cartagena era un ottimo bersaglio per i pirati. Per difendere la città e i loro affari, gli spagnoli costruirono una splendida cinta muraria. Nel museo dell'Oro sono esposti i pochi oggetti rimasti. Il metallo veniva preso dai fiumi (non potrei assicurare che fosse oro, ma nel Parco Tayrona nuotavamo tra luccichii dorati mai visti in nessun altro posto) e lavorato con diverse tecniche. I fiumi non regalavano solo l'oro, ma anche ricchezze nei raccolti. Infatti nell'epoca precolombiana queste zone soggette ad inondazioni venivano coltivate egregiamente, soprattutto a mais, yuca, zucca, fagioli. I Casique, cioè i capi dei villaggi, in quel tempo lavorano per il bene della loro gente e avevano predisposto piani molto efficienti: nei campi venivano scavati solchi distanti tra loro pochi metri che raggiungevano perpendicolarmente il canale principale. Quando arrivava l'inondazione l'acqua si incanalava nei solchi lasciando asciutte le collinette che li separavano, sulle quali coltivavano o costruivano le loro case. Gli abitanti si spostavano con una canoa e non soffrivano per l'inondazione, anzi, ricavavano da essa i nutrienti per la terra. Dopo l'arrivo degli Spagnoli tutto questo e' andato perso ed oggi le inondazioni distruggono case e creano catastrofi. Nelle aree rurali (la maggior parte), tra i solchi e le collinette che da qualche parte si possono ancora vedere pascolano mucche. Nella zona non si vede più nemmeno un piccolo orticello, solo tante case umili, disoccupazione e televisioni accese.
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