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martes, 31 de enero de 2012

LA FINE DEL MONDO

Prima di arrivare alla frontiera con Ecuador facemmo tappa a Mocoa, una cittadina ai limiti con la giungla vera. Fino a un paio di anni fa questa zona non era raccomandabile, insomma, potevi inciampare in qualche episodio di guerriglia, ma ora stanno iniziando ad aprire le attivita' ricettive e a fare un po' di propaganda turistica. Noi accampammo nel giardino di un ostellino famigliare ancora in costruzione, ma che gia' iniziava ad ospitare le prime persone. Sistemazione economica, davanti al fiume e con uso di cucina. I proprietari sono brava gente e la gente che lavora per loro, tra cui i muratori, simpatici e di compagnia. In questa parte della Colombia la gente con tratti indigeni e' un po più numerosa e una signora che aiutava in cucina la famiglia, ci spiego' che avvengono anche grandi riunioni tra la gente indigena e che ce n'era appena stata una in cui avevano parlato della terra e soprattutto delle compagnie canadesi che qui sono padrone delle miniere d'oro e che stanno facendo bordelli ambientali vari. Insomma, un po quello che sta succedendo in Patagonia. In generale, comunque, di indigeni in Colombia ne son rimasti pochi e le vere e proprie comunita' sono poco raggiungibili, sia per la posizione, che per la loro stessa volonta'.

Anche a Mocoa ogni sera la pioggia veniva a darci la buonanotte, ma la nostra casetta ambulante come sempre non ci abbandono'. Unico inconveniente gli insetti. Vicino alla nostra tenda passeggiavano allegramente formiche giganti che sembra possano mandarti a letto tre giorni se ti beccano. Per fortuna non fu il caso. Una notte mi svegliai all'improvviso e senza sapere perché accesi la pila e iniziai a illuminare la tenda qua e la'...finche' mi accorsi che sulla zanzariera, dalla parte esterna, c'era il ragno più grande che avessi visto dal vivo. Stava la' a guardarmi... Ma la maledizione peggiore furono le zanzare: mi massacrarono le gambe, quasi non ci dormivo. E va beh, mica si puo' andare nella giungla e non trovare insetti! La cosa più figa del posto, invece, e' il cosiddetto “Fin del Mundo”, cioè un percorso in mezzo al bosco, che, dopo un susseguirsi di cascatelle e belle pozze dove fare il bagno, termina con una cascata di 80 metri. Sembrava che la terra finisse di colpo. Davanti a noi c'era un panorama splendido e vastissimo ma se facevi un passo in più adios, finivi spiaccicato tra le rocce sottostanti. Un cartello diceva che per guardare giù e' consigliato distendersi e sporgere solo la testa... Non ho le prove, perché la mia macchina fotografica ovviamente mori' sul più bello, ma vi assicuro che ho visto la fine del mondo. Altro che Nostradamus, altro che Maya!

Mentre stavamo per andarcene dall'ostello, arrivarono un ragazzo e una ragazza colombiani che stavano girando il paese per preparare un programma di televisione sulla Colombia, l'eco turismo e gli sport estremi e volevano intervistare la famiglia. Riuscimmo a scroccare un passaggio sul loro bel fuoristrada sponsorizzato dal programma e percorremmo insieme la strada presa peggio di tutta la nazione: quella che da Mocoa arriva alla Laguna della Cocha, vicino a Pasto, dove dovevano andare loro. Tra una buca e l'altra, una ripresa e l'altra e un guasto e l'altro, ci facemmo delle belle chiacchierate. L'idea del programma l'aveva avuta lui 8 anni prima e finalmente il sogno si stava avverando: viaggiare sponsorizzati e facendo cose che ama fare. Ci dissero che in progetto c'era anche il resto dell'America Latina. Magari ci rivedremo in Patagonia!

Arrivati alla Laguna della Cocha, rimanemmo incantati dalla bellezza del paesino; una Venezia a 2800 metri con casette colorate e barchette di legno. Mi venne subito la voglia di fermarmi e quando incontrammo una italiana, un messicano e un peruviano che avevano messo il loro camper (portato da lei dall'Italia) davanti a un canale decidemmo che il nostro viaggio terminava la', salutammo i nostri accompagnatori, accampammo vicino al camper e mangiammo insieme ai nostri nuovi amici una bella pasta alle verdurine fatta dalla ragazza italiana.

Fu interessante notare che, a 2400 metri, il rifugio dove lavoriamo in Val d'Aosta e' circondato da pietre e qui vicino all'equatore, invece, a 2800 metri c'è' ancora la vegetazione e i paesini! In ogni caso il clima era molto più freddo rispetto a Mocoa.

Ci addormentammo sotto il solito acquazzone.

Il giorno dopo andammo a farci un giro con una barchetta e facemmo il viaggio in camper fino a Pasto, dove le nostre strade si divisero: loro andavano verso nord, noi verso sud, la frontiera era ormai ad un passo.




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