Se si hanno problemi nella visualizzazione (con Windows), si raccomanda di usare qualsiasi browser che non sia Internet Explorer (Firefox, Chrome). Nel frattempo speriamo di risolvere il problema!

martes, 14 de febrero de 2012

VITA COMUNITARIA – OVVERO COME DOVREBBE FUNZIONARE IL MONDO

Intorno a Saraguro, tra Loja e Cuenca, nel sud dell'Ecuador, risiedono varie comunita indigene. I loro antenati, originari del lago Titicaca, al confine tra gli odierni Peru e Bolivia, furono portati nella zona di Saraguro dagli Inca per farli lavorare come mitimaes  (gli Inca, infatti, trasferivano membri di alcune comunita conquistate per compiere funzioni economiche, sociali, politiche, militari, specialmente se si trattava di comunita particolarmente forti e quindi potenzialmente pericolose per l'impero).
Gli uomini, che hanno rigorosamente i capelli lunghi, vestono con poncio e pantalone a tre quarti e le donne con gonna lunga, collana tipica e cappello. Alcuni membri di queste comunita fanno parte di una rete di turismo comunitario, che offre cioe alloggiamento, vita in famiglia e vari servizi ed attivita'. La rete e' rappresentata da una operatrice, una fondazione che organizza, pubblicizza e vende pacchetti che riguardano le comunita'. Noi, essendo arrivati a Saraguro un venerdi sera, quando i membri della fondazione non erano più nei loro uffici e sapendo che non li avremmo trovati fino al lunedi successivo, abbiamo deciso di chiedere informazioni in giro e presentarci comunque a casa di una famiglia della rete, tanto più che a noi pacchetti e pacchettini non ci calzano a pennello e in ogni caso il nostro budget non ci avrebbe  permesso di essere i turisti ideali dell'operatrice, anche se in questo caso si trattava di una fondazione che faceva un lavoro probabilmente degno di attenzione e collaborazione.
Fatto sta che siamo arrivati a casa di Maria e Marcelo, nella comunita di Ñamarin, con la proposta di accampare invece di alloggiare nella stanza adibita agli ospiti e informando loro che i prezzi standard non erano alla nostra portata, ma che davvero eravamo interessati a passare del tempo nella comunita. Nonostante il nostro arrivo senza preavviso e il fatto che non ricoprissimo il ruolo a cui erano abituati, ossia quello dei classici turisti a cui offrono il servizio di accoglienza facente parte di un pacchetto organizzato, Maria ci e' venuta incontro nel prezzo ed ha comunque insistito affinche accettassimo la loro ospitalita in casa. Dopo aver lasciato gli zaini, l'abbiamo raggiunta in cucina, dove abbiamo conosciuto il resto della famiglia e collaborato a fare il pane, cosa che, ovviamente, per Nico e' stata un presagio di una convivenza indimenticabile. Marcelo e' colombiano di nascita, ma entrato a far parte della comunita in quanto marito di Maria. Si dedica alla comunita, alla famiglia, all'orto e alla carpenteria, fabbricando dei mobili eccellenti in legno di pino, che si possono ammirare nella loro casa e in quella di vari vicini. La figlia maggiore ha 14 anni, e' una brava studentessa e, quando non e' a scuola, aiuta con dedicazione la mamma nelle sue faccende. Ha 3 fratelli, che vanno dai due agli 8 anni, tutti molto educati, un po timidi ma simpatici, incluso la più piccolina, che all'inizio non voleva nemmeno salutarmi e alla fine non mi ha lasciata sola un attimo! Maria si occupa, oltre che della famiglia, dell'orto, dei porcellini d'India e dell'artigianato, creando bellissimi gioielli con perline e pietruzze, che collaborano al mantenimento della tradizione di Saraguro. Durante la settimana che ci siamo trattenuti, si e' instaurata una amicizia ed una collaborazione spontanea nella vita quotidiana. Abbiamo partecipato alla preparazione dei pasti, alle pulizie e ai lavori nell'orto e il tutto in un susseguirsi naturale degli eventi. Loro ci hanno insegnato alcune tecniche di artigianato e raccontato com'e' organizzata la comunita, noi abbiamo svelato l'arte della pizza (!!!) e, insieme, abbiamo discusso, riso e ci siamo scoperti a vicenda, tanto che al momento della partenza eravamo tutti commossi e riconoscenti l'un l'altro per il tempo passato insieme. Ci han detto che hanno instaurato con noi un rapporto insolito e che ne erano felicissimi e questo ci ha riempito di gioia.
Grazie a loro, inoltre, abbiamo avuto la possibilita di partecipare ad una minga. Minga e' un termine quechua che si riferisce ad una antica tradizione di lavoro comunitario o collettivo con fini di utilita sociale. Puo avvenire a beneficio di tutta la comunita o di un singolo individuo o famiglia. In questa comunita fa addirittura parte delle regole di convivenza. Anche in Patagonia, avevamo partecipato a varie minghe per aiutare amici in vari lavori o altre volte amici avevano aiutato noi, ma al massimo eravamo riusciti ad essere una decina di persone. Mai avrei pensato di vedere cio che ho visto in questa occasione a Saraguro. Quando la mattina ci siamo trovati con i membri della “nostra” comunita eravamo quasi un centinaio e nel camminare verso il luogo della minga avevo i brividi dall'emozione. Una volta arrivati mi sono accorta che c'era anche gente delle altre comunita vicine ed, in totale, eravamo circa 300 persone. TRECENTO. Non so se riusciate ad immaginare trecento persone, di cui donne e uomini dai 14 agli 80 anni con pale e picchetti, lavorando tutti insieme per un fine solidale. Non credo. E non credo che possiate immaginare quanto questo gruppo di gente abbia potuto fare in un giorno, scavando fossi e canali per il drenaggio spalla-spalla. Si lavorava uno vicino all'altro e, una volta finito il pezzo di terra che aveva davanti, ognuno saliva su in collina, per raggiungere l'ultimo compagno che stava lavorando e iniziare nuovamente a scavare da quel punto. Senza troppa fatica abbiamo scavato canali su una superficie di due o tre ettari o forse di più, facendo in un batter d'occhio un lavoro che le sole famiglie della comunita avrebbero potuto fare in vari mesi. Il tutto in un'atmosfera di festa, con tanto di pranzo per tutti offerto dalla comunita in difficoltà. Noi eravamo gli unici stranieri e siamo stati accolti benissimo e coinvolti nella questione. Varie volte, quando mi guardavo intorno, ho avuto le lacrime agli occhi, avrei voluto che tutto il mondo assistesse a quel momento, che tutti potessero vivere quel che stavo vivendo io. Avrei voluto che in tutte le televisioni del mondo, invece dei i telegiornali in cui si parla delle solite cazzate e delle solite cose che dice la solita gente di merda, facessero vedere la minga, che facessero vedere tutte le minghe del mondo, perché son sicura che se tutti vedessero cio si sveglierebbero improvvisamente e capirebbero come deve andare il mondo. Io sono estremamente riconoscente per aver partecipato a questa esperienza comunitaria e sono sicura che questo possa essere il futuro del nostro pianeta. Credo che i popoli indigeni che sono riusciti a non soccombere alla civilta occidentale, insieme con altra gente nel mondo che via via si sta “svegliando”, siano i promotori di una nuova civilta. Ora che sta crollando questa nostro sistema capitalista che, nel bene e nel male, ha per molto tempo dominato il mondo, puo nascere qualcosa di nuovo e diverso e, forse, questa novita sara costituita da elementi vecchi, anzi, ancestrali che molti popoli hanno salvaguardato nonostante le pressioni della cultura dominante e hanno tramandato di generazione in generazione. Mentre scrivo queste cose tremo, perché, malgrado sappia che molta gente ne ridera', sento davvero che queste culture non sono riuscite a sopravvivere senza motivo. Spero che stia arrivando il momento della rivincita, ma non una rivincita come la intendiamo noi, cioe' di vendetta e supremazia, bensi una rivincita per l'umanita, una rivincita come la intendono loro, per il bene comune, compreso quello della nostra Terra. E credo di non essere l'unica a pensarlo, sembra che i popoli indigeni stiano recuperando la consapevolezza della loro cultura e, in vari contesti, forse ancora pochi, anche i loro diritti (qui in Ecuador, come in Bolivia, c'è' stato un cambiamento della costituzione a loro favore, riconoscendo, per esempio, la possibilita di autogestirsi in varie occasioni secondo le leggi indigene e non statali). Inoltre e' uscito un libro che si chiama “Que es el Sumakawsai – mas alla' del socialismo y del capitalismo” che sembra appunto trattare l'argomento di un nuovo sistema basato sulla concezione indigena del mondo. Posso dire che il Sumak kawsai e' un concetto che per noi si puo avvicinare a quello di decrescita (la decrescita felice di Maurizio Pallante) ma non è esattamente questo. Per i popoli indigeni, che vivono secondo una cultura permanente e non volta allo sviluppo economico, si parla piuttosto di “buon vivere”, che e' appunto la traduzione del termine quechua in questione e significa vivere in armonia con gli altri e con l’ambiente. Questo il concetto di Sumak Kawsai, ma il libro non l'ho ancora letto e percio non posso dare un giudizio a riguardo. E' comunque segno di un riemergere di questi popoli, cosa che auspico e sui quali invito tutti ad informarsi, magari imparando, o ri-imparando (perché anche la nostra cultura un tempo era ugualmente ricca) qualcosa.

No hay comentarios:

Publicar un comentario