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domingo, 27 de noviembre de 2011

Vita di mare

Sono ormai quattro giorni che siamo partiti da Puerto Mogan e io me la sto cavando alla grande. Sto ancora prendendo un paio di medicine al giorno, ma gradualmente le sto riducendo e magari domani provo a non prenderne piu'.
I turni scorrono regolarmente ed efficientemente e per quanto mi riguarda, da quando siamo partiti dalle Canarie, dormo solo la notte, salvo qualche pisolino sul ponte, ma non mi ricoglionisco a letto dopo ogni turno. Insomma guardo la vita di mare sorridendo e il mare mi restituisce il sorriso.
Siamo al momento a 25 latitudine Nord e 23 longitudine Ovest. Praticamente all'altezza del Senegal, quasi a Capo Verde, ma piu' in mezzo all'oceano.
Al momento andiamo con genoa, fiocco, main sail (cioe' la randa) e stay sail (non so come si chiama in italiano. Il gergo lo sto imparando in inglese e faccio ancora abbastanza confusione) ma ci stiamo preparando per mettere anche un bello spinnaker rosso e blu, per il quale pero' mancano alcuni lavori. Di questi se ne sta occupando Chris, che nella vita "terrestre" tra le varie cose costruisce barche. Quando lo isseremo sara' un momentone, che spero riusciro' ad immortalare. Se il vento cambia direzione bisogna muovere le vele, se cresce troppo di intensita' e' opportuno tirarne dentro una e se invece diminuisce bisogna usare al meglio tutte le vele che abbiamo e per questo siamo in attesa di poter inaugurare lo spi. L'altro ieri sera c'e' stato un problema al timone, che pero' e' stato immediatamente risolto dal nostro capitan Mc Giver, che e' sempre in giro per il ponte a guardare se c'e' qualcosa che non va. Quando si fa una traversata del genere bisogna sempre controllare og
ni angolo della barca e imparare a riconoscere tutti i rumori per poter cosi' rendersi conto se ce n'e' uno nuovo o diverso. Io i miei giretti durante i miei turni di guardia me li faccio, ma molto spesso sono piu' intenta a non cascare in acqua che altro! Anche il sistema AIS, cioe' quello attraverso cui nel GPS compaiono le altre barche con tutte le informazioni relative, ogni tanto non risponde ed in questi casi bisogna contare esclusivamente sui nostri occhi e, magari, nel caso in cui si abbiano dubbi sulla manovra che fara' una barca, la si puo' contattare con la radio e vedere un po' che ci dice.
Sara' un paio di giorni che non ne incontriamo nemmeno una. Ogni tanto sembra di vedere una vela bianca all'orizzonte, ma poi ti rendi conto che era solo la schiuma di un'onda. Siamo soli in questo pezzo di oceano? Ehi? C'e' qualcuno?
Sto leggendo un sacco. Ieri ho finito "Nel Blu" di Giovanni Soldini. Non e' egregiamente scritto, ma d'altra parte lui e' un campione di vela, mica uno scrittore. Pensa che questo si e' fatto un sacco di traversate e qualche giro del mondo in solitario. Si tratta di gare, che a me non piacciono perche' implicano la fretta, ma al di la' di questo, sono occasioni per mettersi alla prova. Credo che in frangenti come questi tiri proprio fuori una parte di te che nemmeno tu stesso conosci.
Ora sto leggendo "My Invented Country", di Isabel Alliende. Strano leggere la Alliende tradotta in inglese, ma mi fara' bene. E' una specie di viaggio nostalgico attraverso la scrittura, in cui racconta il suo paese di origine, la sua natura selvaggia e solitaria, la sua gente. Mi fa pensare un sacco all'Argentina. Infondo i confini sono stati decisi arbitrariamente, percio' non c'e' una grande differenza, soprattutto se pensiamo alla Patagonia. Tra un po' saro' nuovamente la'. Chissa' se sara' cambiata, se saro' cambiata io, o se sara' nuovamente amore appassionato al quale non potro' sottrarmi.
Il turno di notte puo' diventare un momento davvero speciale. Con la musica nelle orecchie e le mani al timone mi cullo per bilanciarmi nel cullarsi di Afrodita, guardo le vele quasi come in adorazione, e cerco di leggere cio' che l'albero, nel suo ondeggiare, sembra scrivere sul cielo stellato. Sto in uno stato di trance e a volte, all'improvviso, mi rendo conto di quanto sia piccola Afrodita e di quanto siamo insignificanti noi nel buoi di questo oceano.

miércoles, 23 de noviembre de 2011

ARCOBALENO

Stiamo tirando su l'ancora! Si parte! A salutarci c'e' un bellissimo arcobaleno che sicuramente ci portera' fortuna..

IL GIRO DELL'ISOLA DI GRAN CANARIA

Ci dividiamo in due gruppi: il primo, composto da Nico, Allison, Ted e la sottoscritta ha la missione di andare a perlustrare questo piccolo paese chiamato Playa Morgan (vicino a Puerto Rico di Gran Canaria) per scoprire se ci sono i pezzi di ricambio che necessitiamo per iniziare la famigerata traversata. Il secondo rimane in barca per varie ed eventuali. Chris e' taxista che ci porta col gommone a riva. All'entrata del porto c'e' un Yellow Submarine con un cartello a lato che dice “vieni a vivere l'avventura submarina”. Ovviamente noi siamo in missione e non possiamo distrarci da queste cose per turistelli. Il paese e' molto carino, lo chiamano la Venezia delle Canarie. Di Venezia ha solo un paio di ponticelli che attraversano un canale, ma in ogni caso e' un gioiellino. Le casette sono quasi tutte bianche o con colori allegri e con i contorni dei muri, delle finestre e delle porte dipinti di un altro colore. Mi sa che lo faro' anch'io nella nostra casetta. Carino, carino. E' pieno di fiori viola e ci sono un paio di piazzette accoglienti vicino al porto turistico. Sono sorpresa perche' e' la prima bella cittadina che vedo, pur essendo di recente costruzione. Gli altri agglomerati che abbiamo visto lungo la costa durante la nostra falsa partenza non sono nemmeno degni di essere definiti. Sono un insieme di edifici nuovissimi tutti uguali che ricoprono le colline e di giorno sembrano pannelli solari e di notte una grande console x un Dj gigante. Abbiamo immaginato essere degli hotel o residences o qualcosa del genere per turisti. Comunque Playa Morgan, pur essendo di buon gusto vive di turismo e solo di quello. Sembra una Bibione in mezzo all'oceano. Solo che per turisti un po' piu' benestanti o piu' sboroni rispetto ai tedeschi in sandali e calzini di Bibione, dato che per arrivarci devi fare un bel salto.

Troviamo il nostro negozio, e' chiuso ma riusciamo a contattare il tipo che ci dice di andarci a prendere un caffe', che lui sarebbe arrivato da li' ad un'ora. Seguiamo il suo consiglio e ci sediamo ad un tavolino di un bar sulla spiaggia, rigorosamente con ombrelloni e lettini. Stiamo per ordinare quando sentiamo un grande botto: BOOM! E non e' il vulcano che sta effettivamente eruttando in qualche isola vicina, sembra che sia scoppiato un tanche di gas in un hotel di lusso ad un isolato di distanza. E ci arrivano voci di feriti gravi. Mamma mao. Dopo pochi minuti arriva un forte odore di plastica bruciata percio' decidiamo di andare a farci un giro per le viuzze ripide della esplodente cittadina. Finalmente apre il negozio ma il tipo non ha cio' che cerchiamo e ci indica un negozio nella citta' di Gran Palmas, da dove eravamo partiti con Afrodita.

Non ci demoralizziamo, affittiamo una macchina, rigorosamente rossa, come la barca e il gommone e decidiamo di partire. All'ultimo momento Ted si ritira dalla missione, tentato da Chris a passare il giorno sguazzando in acqua ed esplorando le caverne con il gommone e si arruola con noi Elizabeh, spinta dallo stesso spirito di esplorazione che ha convinto noi a partecipare a questa dura prova. Nico guida come se avesse appena rubato la macchina e io penso per un attimo che ho piu' paura di andare in autostrada che di attraversare l'oceano in barca a vela. E' tutto cosi rapido, e' questione di pochi attimi, se sbagli son cazzi. In barca, invece, e' tutto piu' lento, riflessivo. Vedi una barca a 10 miglia di distanza sul GPS e gia' inizi a pensare alla manovra che conviene fare, a chi ha la precedenza e a quanto tempo hai prima di incontrarla, e incontrarla vuol dire passare ad almeno un miglio di distanza. E nel frattempo chiacchieri, vai a fare un giro sul ponte o guardi se qualche pesce ha abboccato ad una delle tue lenze. Insomma, un'altra storia.

In poco piu' di un'ora ci ritroviamo a Las Palmas. Tutto e' rimasto come alla nostra partenza: un sacco di macchine, palazzoni imponenti e moderni e tanta gente di fretta. Una citta'. Le prossime ore le passeremo sballottolati da un negozio all'altro, anche se con estrema gentilezza e pazienza di questa gente simpatica che si fa in quattro per aiutarci. Ci concediamo un pranzetto coi fiocchi in un ristorantino tipo osteria di mare di quelli in cui puoi scegliere il pesce crudo al bancone e puoi guardare mentre te lo cucinano. La tovaglia e' a quadretti blu e bianchi e la vista e' direttamente sull'oceano. La missione e' compiuta e decidiamo di tornare a Playa Morgan facendo il giro per l'altra parte di Gran Canaria, in modo da vederne tutta la circonferenza. Tutta l'isola e' in continua espansione, non ci vive molta gente, ma si continua a costruire per i turisti e nella maggior parte dei casi in modo orribile. La strada che percorriamo e' stretta, tortuosa e a strapiombo sull'oceano e quando passano dei grossi camion mi manca per un attimo il respiro, Restiamo un po' delusi perche' pensavamo che questa parte sarebbe stata piu' verde e invece e' estremamente arida e desertica come l'altra. Il verde mi sa che era nel mezzo. E va beh, mica possiamo star qui un mese! E comunque anche questo tipo di paesaggio ha il suo fascino, sembra, come dice Elizabeth, una donna nuda: puoi vederne le reali forme.


Domani e' il grande giorno (speremo).


martes, 22 de noviembre de 2011

PARTENZA- giorno 1

Mi metto quasi appena sveglia i braccialetti che, secondo il principio dell'agopuntura cinese inibiscono i centri sensori di nausea che si trovano sul polso(questi, se funzionano, sono una bella invenzione...), preparo l'I-Pod e verso le 9:30 prendo la prima pastiglia di Dimenidrinato da 50g con caffeina. Sta volta vinco io e che cazzo. Con lo zenzero hai vinto tu, ma ora non mi freghi piu'. Mi sento un po' in colpa per snobbare il metodo naturale a favore del sintetico, ma a mali estremi estremi rimedi, no? Diciamo che in questo caso e' piu' prudente stare bene costi quel che costi. E poi ci vuole equilibrio nella vita, suvvia!
Non appena Allison ed Elizabeth tornano dalla costa dove sono andate per sbrigare le ultime faccende (ci sono in continuazione ultime faccende da sbrigare!) e i guys riemergono dall'acqua in cui si son tuffati per dare l'ultima grattatina al fondo di Afrodita, x pulire via tutte le possibilita' di frenata, si parte!
Ormai si son fatte le 11:30 e io decido di mettermi subito ai fornelli, approfittando del fatto che per ora sto bene e per lo meno faccio la mia parte adesso, nel caso in futuro non possa stare troppo in coperta. Un bel soffritto di cipolla e carote, un po' di funghetti tagliati fini, del vino bianco e nella pentola a pressione un brodino di erbette e spezie varie. Afrodita si allontana dal porto ma da subito le onde sono grandi e inizia a dondolare pericolosamente, per il mio risotto almeno. Si muove tutto, casca per terra una bottiglia che fortunatamente non si rompe e sui miei piedi due bei taglieri di plasticone che se non cascavano stavo meglio. La pentola a pressione su sposta da un gas all'altro, quella con il soffritto lo stesso, tutto e' in procinto di sfuggirmi di mano e io non so piu' con che arto tenere le cose. Fortunatamente arriva Nico che mi dice che e' meglio che io salga sul ponte perche' il mare e' mosso e forse e' il caso che mi abitui al movimento. E va beh, ogni scusa e' buona per prendere il possesso della cucina! Salgo in superficie ed in realta', accomodandomi sui cuscini rossi del salottino mi sento sollevata.
Accendo l'I-Pod e mi metto gli occhiali da sole. Effettivamente il mare e' bello mosso, il genoa e' gonfio e per la prima volta possiamo evitare di usare il motore! Che meraviglia, la barca vola sulle onde e il sole brilla tutto intorno! La musica accompagna i movimenti di Afrodita e mi rendo conto che la paura che avevo nei giorni passati quando si piegava da una parte per seguire l'onda non c'e' piu' e ha lasciato il posto all'emozione di essere trasportati dal vento. Andiamo a 11 nodi e non facciamo quasi rumore. Sono cosi felice che mi metterei a ballare sul tavolo. Non sara' sta medicina? Quasi quasi mi metto a venderla nelle discoteche! O magari è solo zucchero e quello che sento è l'effetto placebo. O forse è semplicemente una giornata meravigliosa. Mi sembra che tutto sia perfetto, esattamente come dovrebbe essere. Chiacchiero tranquillamente con i miei nuovi amici (sono proprio carini, simpatici e si preoccupano che io capisca quello che dicono, che dolci!), vado sotto coperta per prendere un biscottino, mi sento piena di energia e mi sembra di cavalcare le onde. Tutto e' meraviglioso, arriva il risotto ai funghi di Nico accompagnato da una caprese rinfrescante. Faccio il dessert con un altro biscotto e tutto e' semplicemente fantastico. Dalla costa ci salutano file e file di mulini a vento, ciaoooo, ciao mulini,
hasta la vista amigos, avete fatto bene a venire a vivere qui, senti come soffia, ciao, ciaoooo! Tiriamo in dentro la main sail per poter spostare la prua in direzione dei caraibi senza che il vento ci sballottoli troppo e dando due o tre colpetti di motore giusto x poter girare Afrodita. Ecco, l'angolazione e' perfetta, ottima manovra ragazzi (io e Nico restiamo a guardare l'abilita' dei nostri compagni) ed ecco che ritiriamo fuori la vela. Siamo tutti felici, sereni, in sintonia. Fa caldo, il clima e' ottimale, tutto ci sorride. Arriviamo quasi alla fine dell'isola e qui ci aspetta il shadow wind, ossia il punto in cui il vento e' coperto dalla terra e la barca rallenta sempre piu'. Siamo quasi fermi, ma non c'e' problema, e' normale, e' il wind shadow, insomma, sta cosa qui e va benissimo, dobbiamo solo ritirare indentro le vele e usare un po' di motore. Il geonoa rientra senza problemi ma il main sail stavolta non ne vuole sapere. Aspetta, che succede? Avevamo gia' avuto dei problemi nei giorni scorsi ma sembrava essere tutto risolto. Ehi, Nico, che c'e' che non va? Che dicono? Che blaterano? Niente, non ce la si fa. Il capitano si arrampica, tutti cercano di dare una mano ma niente. Il sistema che dentro l'albero maestro dovrebbe riavvolgere la vela principale non funziona di nuovo. Mi sento cadere dall'arcobaleno che stavo cavalcando, la mia bocca rimane aperta. Madonna sta medicina, ma cos'era un pusher o un farmacista? E va beh, che si puo' fare? Alla fine siamo stati fortunati dai, pensa se ce ne fossimo accorti in alto mare! Ma si, dai, avviciniamoci alla costa e vediamo cosa possiamo fare. Il capitano non si scoraggia mai, trova sempre il lato positivo di ogni scosa e sprizza entusiasmo da tutti i pori pensando a cio' che di buono portera' la nuova situazione creatasi. E tutti ci facciamo scivolare nel suo stato, ci sembra quasi bello che si sia creato un problema all'albero e iniziamo a esplorare la costa che si
avvicina sempre piu'. Il sole sta ormai tramontando e ancoriamo vicino al porto di Puerto Rico, forse l'ultima citta' dell'isola. Scott si mette sulla sua seggiolina e si fa tirare su in cima all'albero maestro e inizia a trafficare da bravo Mc Giver quale e'. Qualcuno lo aiuta ed io, con altri, entro a fare un aperitivo, mentre Nico si rimette ai fornelli. I discorsi vanno in direzioni letterarie e si inizia a parlare di libri che lasciano una impronta. Ted racconta di uno che ha a che fare con un pacchetto di Camel e con la scritta CHOISE, che allo specchio sotto sopra si legge uguale. Proviamo. E' vero! Incredibile. Suggerisco che forse vuole indicare che qualsiasi sia la tua scelta, il destino e' gia' scritto, non cambia. Allison aggiunge che c'è sempre un motivo per cui le cose accadono... Magari domani lo scopriremo.

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Nos comimos el amague

Si si, nuestro velero tiene la gambeta de maradona o del beto marcico, y cuando pensabamos que nada nos frenaria hasta llegar al caribe terminamos unas cinco horas mas tarde tirando el ancla en la otra punta de la isla gran canaria.

El problema: una pieza mecanica que permite izar y bajar la vela mayor se rompio. Otra pieza cercana que hace parte del mismo sistema la habiamos reparado en el viaje de gibraltar a las canarias, en pleno oceano ya que estabamos lejos de la costa.

Por suerte hoy el problema surgio cuando estabamos recorriendo las ultimas millas de costa de la isla gran canaria ya que partimos este mediodia desde las palmas que es al norte en direccion sur. Dado que estabamos todavia cerca de la costa decidimos meternos al reparo en una bahia cercana a puerto magon para meter mano al problema.

Maniana temprano nos toca ir hasta el puerto con el gomon y desde ahi con un taxi ir hasta las palmas a comprar unos repuestos en una ferreteria. Si todo marcha bien al mediodia tendriamos que estar de vuleta aqui y con una hora de trabajo arreglar la pieza rota y reemprender el camino. Esperando esta vez que nada mas falle porque ahora si no veremos mas tierra firme hasta dentro de un par de semanas.

Zarpamos

Con el ultimo pelo de señal, el ancla ya levantada, las velas que empiezan a desplegarse, la tierra firme que se aleja, y el oceano por delante... ahí vamos!

Limpieza, por dentro y por fuera

Antes de partir hacia nuestra aventura oceanica no solo le dimos una lavada por dentro a la barca, sino tambien por fuera. Es que algas y moluscos hacen dedo y se pegan al casco para viajar con nosotros al caribe. No es mala onda, pero sin ellos hay una diferencia de velocidad, y por ende de la cantidad de millas que podemos hacer por dia.

Asique fue cuestion de meterse el traje y ¡al agua pato!

lunes, 21 de noviembre de 2011

Ya estamos en Canarias

Este viaje, como tantos, empezo en una manera extraña; lo cual para nosotros es ya la normalidad. Dos días antes de partir nuestro plan era tomar un avion hasta barcelona, y desde ahí otro hacia las canarias para buscar el velero con el cual cruzar el oceano. Como los planes solo existen para cambiarlos eso hicimos.

¿Por qué? Porque cuando ya teniamos todo listo para partir nos contactaron desde el velero en el que habiamos estado navegando hace un mes para preguntarnos si nos interesaba embarcarnos con ellos ya que los habia abandonado uno de la tripulación. Sin pensarlo compramos un nuevo pasaje y desde barcelona volamos a Gibraltar, donde nos esperaban para zarpar hacia las canarias.

Antes de partir hacia alla, en nuestra escala en Barcelona, aprovechamos las 6 horas para ir a visitar a nuestra amiga Lucy que desde hace algunas semanas vive ahi. La visita fue fugaz pero magica. Dado el avanzado horario en la madrugada y el hecho de no haber dormido esa noche la mañana siguiente el encuentro parecia mas un sueño que un recuerdo.



A nuestro arrivo al aeropuerto de Malaga (el mas cercano a Gibraltar) estuvimos algunos minutos viendo como todos se llevaban su equipaje sin que el nuestro apareciera. Esto era un serio problema ya que nos estaban literalmente esperando en el puerto para zarpar ni bien llegaramos. Cuando fuimos a reclamar la aerolinea no tenia idea de donde pudieran estar nuestras mochilas, ciertamente no habian llegado a Malaga, pero segun decian tampoco estaban en Barcelona.

La idea de hacer un viaje como el que estamos haciendo sin nuestra carpa, bolsa de dormir, ropa en general, ropa impermeable para el barco, etc, no era para nada alentante. Aunque si la aerolinea decia que probablemente apareceria y que en caso nos la enviarian a las Canarias ya la idea de hacer los cuatro dias de navegacion hasta alli sin el equipaje parecia demasiado. Por suerte cuando ya estabamos por darnos por vencidos nos avisaron que habian encontrado las mochilas: estaban todavia en barcelona nos las enviarian con el proximo vuelo que llegaba a la noche.

Por suerte, asi como nuestras mochilas se demoraron tambien se demoro un repuesto del barco que nuestros colegas estaban esperando en gibraltar, con lo cual de cualquier manera se partia el dia siguiente. Así, nos fuimos a pasar algunas horas a Marbella y de ahi al velero. Nuestro equipaje llego el dia despues por la mañana directamente al puerto.

Esa misma tarde, luego de los ultimos preparativos zarpamos hacia las canarias. Somos siete en total y entre todos nos damos turnos de guardia. Se navega dia y noche, sin parar. Los turnos duran tres horas que a veces pasan volando y a veces parecen no terminar jamas. El velero, aunque si es grande, se mueve bastante con las olas. La primera estuve mal y vomite, luego el resto del viaje perfecto. A Cate le pego mas duro y por momentos juro no volver a poner pie sobre una barca nunca mas.

Llegamos a las canarias luego de tres dias y medio de navegacion. Volver a pisar tierra firme fue extraño: seguia balanceandome como para compensar la oscilacion del velero mientras caminaba. El dia que llegamos aqui vimos partir la ARC una regatta en la cual participan mas de 200 barcos que cruzan al caribe. Una postal impagable ver todas esas velas partir, sabiendo que van con el mismo rumbo que nosotros pronto tomaremos.

Mañana a la mañana se parte. Seran minimo dos semanas de navegacion ininterrumpida hasta Saint Martin. El pronostico meteorologico es bueno, los vientos parecen estar de nuestra parte. Tenemos provisiones para mucho mas tiempo del que pasaremos a bordo, hambre jamas pasaremos. Agua, combustible, gps, y hasta internet satelital; cada tanto podremos tambien actualizar este blog, asique mirenlo cada tanto si quieren saber como sigue esta aventura.

Gibilterra-Gran Canaria

Finalmenteeeeeeeeeeee!Mamma mia, che bello vedere le case, la gente al molo, le macchine, i semafori...che fighi i semafori, ma quanto sono fighi i semafori? Quell'alternarsi di rosso, arancione e verde...è così casalingo, così fermo, così terraaaaaaaaaaaa!!Certo che se mi sento così dopo soli 4 giorni di navigazione cosa succederà quando arriveremo ai Caraibi? Va beh, comunque la prima tappa è raggiunta. L'equipaggio è stato organizzato in due gruppi: il primo gruppo è formato dal capitano, sua moglie Allison e Ted, il fratello di Allison. Il secondo da me, Nico, Cris ed Elizabeth. Il primo gruppo i cui membri sono i piu' esperti, durante il giorno ha guardie di 4 ore alla volta e di notte 3 e il nostro gruppo sempre 3 e quindi vuol dire che lavoriamo 3 e poi siamo liberi 6. 3-6-3-6-3-6-3-6 ecc. e in piu' noi un giorno ogni quattro siamo i cuochi del giorno, e il cuoco del giorno prepara colazione, pranzo e cena e pulisce, ma diciamo che si riposa anche un bel po'.  Io credo che ad un certo punto non ci ho capito piu' niente e sostanzialmente dopo le mie 3 ore di guardia mi infilavo in cabina a dormire, forse per non sentire il mal di mare. Risultato (o causa, non lo so): alienamento quasi totale, confusione tra giorno e notte, confusione generale, sonno continuo. Non riuscivo a stare in coperta se non sotto le coperte. La guardia andava bene, a parte una volta che ho fatto una gettata cosi, giusto per dare da mangiare ai pesci, ma poi finito il turno attraversavo la zona della sala veloce come un missile per raggiungere la postazione in cui potevo scollegarmi completamente dal mondo.  E' incredibile quanto il tempo sia assolutamente relativo: per me questi 4 giorni sono stati almeno 15. Sarà stato perchè ho dormito alla fine di ogni turno, o perchè sono stata male...non lo so, ma mi è sembrato un viaggio eterno, soprattutto l'ultimo giorno, quando ormai mi ero detta "'fanculo, io scendo alle Canarie, ma chi cazzo ha mai detto che bisogna attraversare l'oceano in barca a vela? Cos'è questa necessità di avventura? Questo voler x forza fare le cose in un'altra maniera, fare le missioni impossibili? Perchè dobbiamo fare i navigatori fighi se non sappiamo nemmeno come si apre una vela???Ma chi me lo fa fare, basta, me ne vado! Scendo qui, alla fine siamo alle Canarie, mica a Torcello, no?Che cazzo, l'esperienza l'abbiamo fatta. Bello, grazie. E poi questi parlano sto americano che porca troia non si capisce un cazzo awana gana, arrana wana, ma parla come che ti magni!" e quindi contavo i minuti, mentre il vento era sempre piu' forte e la barca dondolava in maniera sempre piu' insopportabile. Avevo anche detto a Nico
che lui avrebbe dovutro continuare senza di me, perchè se per lui era importante non doveva lasciarsi scappare questa possibilità, che davvero ci è piovuta dal cielo. Ci saremmo potuti incontrare poi ai Caraibi, o in Messico o in un cavolo di angolo di mondo che non si muova in continuazione..ma lui, dopo essere stato un bel pò sul ponte a fissare l'orizzonte, come i veri marinai, è sceso in cabina dicendomi che sarebbe rimasto con me, che comunque dalle Canarie sarebbe iniziata un'altra avventura, e che ci sarebbe stata un'altra possibilità per navigare in un altro momento.
Sarà stato l'amore di Nico, sarà stata la storiella che il capitano mi ha voluto raccontare e che io non riprodurro' ma il cui succo era che le cose se le si suda hanno un sapore piu' buono...sarà stata la felicità dell'arrivo, o il fatto che una volta fermi il male si e' volatilizzato completamente e sedutastante ed e' rimasto il ricordo dell'emozione data dai miei amici delfini che giocherellavano vicino alla barca, dalla tartaruga solitaria, dalle balenottere che facevano capriole l'una vicino all'altra, dal pesce volante ritrovato una mattina sul ponte
La nostra Aphrodite e sullo sfondo le barche dell'ARC
e dalla luna che illumina il mare. Sarà stata la empatia nel vedere la partenza delle 270 barche dell'ARC, la regata che ogni anno parte dalle Canarie per arrivare ai Caraibi.
Sarà stata la magia del mare, non lo so, ma ho deciso di rimanere, attraversare sta pozzanghera atlantica ed arrivare a questi Caraibi tanto sognati, provando sulla mia pelle quanto e' grande sto nostro mondo.