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domingo, 25 de diciembre de 2011

Vamos avanzando: estamos en Colombia

Nuestra llegada al nuevo mundo fue casi imprevista. Despues de pasar dias y dias de ver solo mar de repente casi sin que lo quisieramos aparecieron las luces de la isla de St Martin. Llegamos alli una mañana que dedicamos a limpiar la barca y dejarla en condiciones para la llegada del dueño. Al final fueron unos tres o cuatro dias en los que alternamos un poco de trabajo a bordo con tiempo para recorrer la isla y hacer planes para el futuro.

Luego de comprobar que esta isla, como tantas otras en el caribe, existen casi solo para el turismo de masa occidental decidimos que no era el lugar en el que queriamos pasar nuestro tiempo con lo cual compramos un pasaje de avion para ir a Trinidad y Tobago, el ultimo grupo de islas antes de llegar al continente. Alli estuvimos una semana, principalmente en tobago que es mas pequeña, menos abitada y con mejores playas, respecto a trinidad que es una locura: lugar de mafias y narcotrafico que estuvo bajo toque de queda durante mas de un mes justo unos dias antes de que llegaramos.

Partimos en un pequeño ferry el miercoles pasado hacia venezuela, donde pasamos corriendo casi sin frenarnos. Un pais definitivamente pobre, donde la corrupcion es ley y donde el precio del petroleo es tan bajo que a veces no hay billetes o monedas de denominacion tan baja para poder pagar en la estacion de servicio. Alli la gente, y nosotros tambien, viaja en todas las maneras imaginables. Hay comodos colectivos de dos pisos con la TV hasta autos de mas de treinta años que se caen a pedazos donde hemos viajado en 6 mas el chofer.

Viajar en visperas de navidad es siempre dificil y hacerlo para atravesar venezuela y llegar a colombia lo es particularmente, ya que hay tantos colombianos en venezuela tratando de volver a casa para las fiestas. Asi pasamos una larguisima jornada en el paso fronterizo cerca del mar caribe, donde todo parece estar organizado para quien quiere hacer las cosas de manera ilegal, hacer las cosas como se debe nos llevo tres o cuatro veces mas que a otra gente.

Ahora estamos en Taganga, cerca de Santa Marta en la costa colombiana del caribe. En este pequeño pueblito de pescadores y buzos pasaremos algunos dias para aclimatarnos a la colombia y decidir como seguira nuestro viaje.

Seconda Fermata: TRINIDAD AND TOBAGO (scritto il 20/12/2011)

Zaino in spalla e via!

Siamo in 3 perché' Ted viaggerà con noi fino in Colombia, dove vuole fermarsi per un po'. E quindi ecco il nostro bel gruppetto multiculturale in giro per l'America Latina: un argentino, una italiana e uno statunitense. Anche Trinidad ci ha accolto nella sua varietà: neri discendenti di schiavi africani ma anche moltissimi indiani, perché' una volta finita la schiavitù gli africani lasciarono i campi e i poveri inglesini, non sapendo dove mettere le mani, pensarono bene di rimpiazzarli con indiani, importati gentilmente per l'occasione, e farli lavorare un tot di anni per potersi guadagnare la loro libertà. O qualcosa del genere. A loro si sono aggiunti nel tempo un po' di cinesi, come ovunque. Sembra invece che dei discendenti degli inglesi non ci sia traccia. Che se ne siano andati? Forse riscuotevano dalla madre Inghilterra e tante belle cose. Comunque nonostante l'allegria della diversità, a Trinidad c'è ben poco da ridere. Le ragioni sembrano controverse, nel senso che ognuno ci ha dato una spiegazione differente ma sembra che appena una settimana prima del nostro arrivo si sia concluso un periodo di violenza abbastanza serio. Secondo un taxista abusivo la ragione e' che i mussulmani non potendo accettare che il capo del governo sia una donna, si sono incazzati e han cercato di ammazzarla, innestando una serie di episodi di violenza. Secondo altre due campane, entrambe straniere residenti, invece, si e' trattato di ragioni di droga, gangs, traffici vari. Fatto sta che i militari irrompevano nelle case, anche se secondo il taxista non ammazzavano nessuno, e per le strade il caos era tale che era stato indetto un coprifuoco. Mamma mao. La cosa dovrebbe essere finita, ma la città in se' fa pensare che poi tanto bene qui non si stia. Ci sono grate dappertutto: le case, ma anche le guest houses o gli alberghetti son precedute da cancellate, poi addirittura la porta d'ingresso ha delle sbarre e a volte ce ne sono altre a meta' corridoio. Per non parlare delle finestre.

Appena e' stato possibile abbiamo preso il traghetto per Tobago, l'isoletta vicina facente parte dello stesso stato ma allo stesso tempo un altro mondo: la gente e' felice e sorridente anche a Scaraborough, la città più grande e il resto dell'isola e' quello che uno si immagina quando sogna i caraibi: acqua calda, cristallina in cui nuotare ore ed ore senza paura delle meduse (io non nuotavo cosi tanto dai tempi in cui a Cesenatico andavamo con papa' fino agli scogli); terra rossa e vegetazione rigogliosa e verdissima con banane, mango, arance e quant'altro che sbucano di qua e di la' lungo i sentieri, ma anche nelle strade; galline e caprette dappertutto, gente fantastica, tranquillona che ti saluta “yea man, all right man, no worries, respect” ti aiuta, si fa due risate con te e ti lascia intendere che non ci sono problemi, la vita e' bella, mondo un regalo e siamo tutti fratelli. Rastoni in ogni dove, odore di mariuana costante, amache all'ombra con vista al mare. Estate tutto l'anno. Ci siam fermati 4 o 5 giorni a Charlotteville, un piccolo villaggio di pescatori che un po' sta iniziando ad accogliere qualche turista. Un paradiso terrestre. Abbiamo anche conosciuto una coppia, con cui abbiamo passato del tempo: lei canadese che si fa sei mesi di qua e sei mesi di la', lui rastone di Trinidad. I giorni son passati tra nuotate, svago, relax, tanta frutta, yea man, respect, tramonti mozzafiato e qualche acquazzone potente ma rifrescante e dopo aver goduto di questa vita paradisiaca ho capito... che la cordigliera mi chiama. Insomma, e' una figata Tobago, non c'e' che dire, ma che ne so, ho l'impressione che, a parte i pescatori, la gente non faccia molto. Insomma, se ti siedi sotto un albero a fumarti un cannone e osservare la baia, prima o poi ti casca un frutto delizioso in testa: perché quindi sbattersi tanto? Forse semplifico un po' troppo, in fondo e' una cultura diversa e io devo ancora riabituarmi ai ritmi latini, ma non vedo l'ora di trovare i contadini, artigiani, musicisti che so che la cordigliera può “darmi”. Anche i viaggiatori qui non mi sembrano altro che turisti in cerca di un po' di tranquillità e mare d'inverno. Non ho incontrato quei viaggiatori che in Argentina cercavano di imparare qualcosa. E quindi che dire? Il paradiso può attendere, ho bisogno di creatività e forse a Tobago o fa troppo caldo per azionarsi, o il cibo e' troppo alla portata. O magari non siamo stati abbastanza tempo per conoscere davvero la vita delle persone. E' ovvio che le mie righe non sono frutto di ricerche approfondite o di esperienze di anni di vita vissuta, ma solo impressioni. Ma e' anche vero che sono le impressioni quelle che ti fanno decidere di fermarti o meno in un posto. E' la pelle che decide all'inizio. Anzi, nel mio caso anche alla fine. E la mia pelle mi dice che questa favola e' bella perché breve, che l'estate e' figa perché c'è' l'inverno e che una birretta, o quel che sia, davanti al tramonto e' più goduta se hai le mani sporche di terra o la fronte sudata per la fatica.

Mentre ricordo i giorni a Tobago quasi li rimpiango: siamo nuovamente a Trinidad, la “skerry island” perché domani prenderemo il traghetto per il Venezuela. Abbiamo trovato un hoteletto inquietante vicino al porto turistico. A quanto pare il contrasto tra yatches e quartiere che li ospita e' notevole, a differenza di St Martin. Sapevamo che la zona era particolarmente pericolosa ma dopo una settimana di buena onda, relax, camminate zaino in spalla per l'isola vicina la botta e' particolarmente forte. La gente non saluta, hanno tutti una faccia cupa. C'e' qualche matto qua e la', probabilmente impazzito per la situazione, come la tipa che ci ha chiesto i soldi per mangiare e poi si e' comprata la Coca Cola (non enfatizzerò in questa sede il mio disappunto e il mio odio per queste multinazionali che si approfittano della gente più povera e disgraziata e la rendono dipendente, come se qui non bastassero l'alcol e le droghe) o la signora che ci segue a 0,5 km all'ora per dirci cose incomprensibili. Le sbarre non sono solo nelle case ma anche nei negozi, nei fruttivendoli. I bar hanno sbarre con una piccola apertura per passare i bicchieri o quel che sia. Sopra i muretti ci sono fili spinati o cocci di bottiglia. Da far paura. E nonostante questo i prezzi non sono bassi nemmeno qua e quindi abbiamo preso in 3 una stanza x 2 e Ted dorme per terra sui nostri stuoini. La camera non e' piccolissima ma al posto delle lenzuola c'è una tovaglia a quadretti e il cesso e la doccia sono in due angolini diversi della stanza coperti da una tendina. La cosa più strana e' che in fondo alla camera c'è una porta che conduce ad un'altra stanzetta piccolina e vuota con delle finestre con zanzariera e un buco in basso nel muro come se fosse per fare entrare un cane gigante. Tutte le stanze ce l'hanno. Questo buco conduce ad una specie di patio dove si raccolgono le acque. Forse lavano le stanze con la pompa. Boh. Ovviamente non oserò chiedere alla tipa, che e' già tanto se ci ha dato la stanza senza tirarci un cazzotto. Volevamo andare a fare un salto nella spiaggetta qui dietro, ma la signora ci ha detto (ovviamente senza aggiungere un sorriso) che e' pericoloso. Mannaggia. Siamo tappati in sta stanza con sto ventilatore a palla e sta luce neon che fa venire il mal di testa e tra un pisolino e l'altro leggiamo i pochi libri che ci son rimasti. Mi domando quanto di questa pericolosita' sia vera e quanto, invece, sia venduta alla gente per tenerli buoni buoni e magari anche per il businnes di cancelli, cancelletti, inferriate e compagnia bella.

In ogni caso siamo felici di aver visto una isola caraibica vera e non costruita per i turisti.

Nel bene e nel male.

E il sapore che mi rimane e' sicuro il sale delle lunghe nuotate, lo zucchero della frutta, il fresco dell'ombra della nostra terrazzina con vista a Pirats Bay, i mille colori del tramonto accentuati dagli odori dell'erba, l'allegria delle infinite specie di uccelli che svolazzano qua e la', i big bamboo, la complicita' e il benvenuto della gente dei villaggi di Tobago e l'adrenalina del viaggio in barchetta da Charlotteville a Englishman Bay in un giorno di mare mosso con il pescatore (ragazzino rasta) che se la rideva sotto i baffi perché io mi cagavo addosso.

Anche se non voglio dimenticare la repressione della gente di Trinidad.

Domani lasceremo questo stato bipolare ed entreremo nel suolo sudamericano. Speriamo di non aver problemi con la dogana.

-Respect-

miércoles, 14 de diciembre de 2011

SAINT MARTIN/SINT MAARTEN

St Marten e' una piccola isola divisa in due: una parte, che si chiama Saint Marten e' francese e l'altra, dove c'e' il nostro porto turistico, e' olandese, o meglio, delle Antille olandesi e si chiama Sint Maarten. In entrambe la popolazione e' essenzialmente nera, discendente dagli schiavi africani portati dai coloni. Nella parte francese, che abbiamo visitato brevemente, parlano francese, dicono si mangi bene e ci sono dei begli edifici in legno con terrazze stile coloniale. Da qui si possono prendere i traghetti per St Barth, una delle isole più' care del pianeta e Saba, isola più' easy, ma sono abbastanza cari e se non hai abbastanza tempo non vale la pena per noi comuni mortali.

La parte olandese, che ho potuto conoscere meglio, e' molto turistica. Vicino al nostro porto, la Palapa Marina, che in particolare si dedica ai super yatch (la nostra barca a vela di 28 metri era una unghietta in confronto alle sue vicine), ce ne sono altri 3. La popolazione parla inglese, anche se ufficialmente parla anche olandese e nella pratica anche francese e spagnolo (per quanto riguarda lo spagnolo forse si tratta di gente venuta dalla Repubblica Domenicana per lavorare) ed e' abituata ai turisti e probabilmente anche riconoscente, dato che la loro economia e' basata esclusivamente sul turismo e sembra che non se la passino per niente male.

E' normale vedere in giro tanti abitanti dell'isola quanti bianchi, essenzialmente americani, ma anche europei (inglesi, olandesi e francesi). Questi si dividono tra ricconi proprietari di yatch, gente normale proprietaria di una barca a vela anche modesta, in cui magari vive e la crew, cioè ragazzi membri dell'equipaggio dei ricconi. Questi normalmente sono carini, biondi, se maschi con capelli corti e senza barba, vestiti di chiaro e con voglia di divertirsi e vivere cosi, tra una barca e l'altra e una birra e l'altra. A volte sembra si dimentichino che loro non sono i proprietari ma solo l'equipaggio e si atteggiano un po' da fighetti. I prezzi nell'isola sono alle stelle. Sembra di essere negli USA. Si paga tutto in dollari statunitensi, anche se loro una moneta ce l'hanno. Se paghi in euro ti fanno l'1 a 1 perciò' non conviene proprio (almeno per ora!).

La Palapa Marina è un'”isola che non c'è”. Il famoso Soggy Dollar, che ci aveva consigliato il tipo della barca con cui avevamo parlato alla radio durante la traversata, non è altro che il locale “giovane” del porto turistico rivolto alla gente che lavora negli yatch dei ricconi o ai tipi delle barchette a vela. La prima sera siamo voluti andare: era un mix tra festa erasmus, video di MTV yo-yo con le negrazze fighe e confraternita americana dei film. Un orrore. Le tipe del bar, se nere belle di natura, se bianche mezze nude ed eccessive per poter essere all'altezza delle nere, la spalmavano qua e là tra uno shot e l'altro a ritmo di musica. I tipi alla console, facevano tipo i papponi e gli americani sbavavano. Alcuni, tra una bava e l'altra, giocavano a bigliardo con la birra in mano. Scene interessanti ma non troppo invitanti. Comunque questo immagino sia niente. Quest'isola è molto viva e le notti sono molto lunghe. I locali abbondano e l'alcol pure. La gente viene qui per divertirsi e gli abitanti del posto hanno imparato i divertimenti dei turisti. Per strada ci sono addirittura cartelli che, spudoratamente, sotto una foto con 20 ragazze in costume (non ho capito perche' le ragazze delle foto son sempre bianche) dicono “intrattenimento per adulti” pubblicizzando un night club. Mi dispiace ma non sono entrata e quindi non so dire se le ragazze siano effettivamente bianche o se il pubblico sia formato solo da turisti ricchi o anche da abitanti comuni mortali.

Per spostarsi per l'isola ci sono taxi o autobus. Gli autobus sono la fine del mondo. Sono mini pulmini che si possono fermare in qualsiasi punto della strada (non ci sono fermate), ti accolgono con delle belle musiche, sono molto frequentati dai locali e al loro interno senti parlare tutte le lingue e un mix delle stesse. Anche l'autostop funziona abbastanza bene. La gente e' gentile, sorridente o al limite sganasciata. Ama la musica e i colori. Sembrano dei luoghi comuni, ma se vai all'aeroporto te ne rendi conto: di solito i nostri aeroporti sono soporiferi, con in sottofondo un unico rumore: un ronzio formato dall'aria condizionata e i rulli dei check in. Le hostess hanno un palo nel di dietro, se sorridono e' solo perché' le pagano per questo e ti dicono le solite due frasi imparate a memoria. Spesso ci sono degli schermi dove scorrono le news che ti ricordano quanto vanno male le cose e quanto fa schifo questo mondo. Nell'aeroporto di St Martin ai check in gli impiegati si mettono a chiacchierare con te, se la ridono tra loro e c'e' di sottofondo una musichetta natalizia-caraibica molto allegra che fa venir voglia di muoversi saltellando.

A due minuti dall'aeroporto c'è una spiaggia, dove puoi andare ad aspettare l'aereo sguazzando in acqua o bevendoti una birretta al bar. La peculiarita' di questa spiaggia e' che ti passano letteralmente gli aerei sopra la testa nell'atterraggio e, quando si preparano per decollare ti danno il culo e creano un tornado con i motori. La gente si diverte, nonostante i cartelli che dicono che e' pericoloso, a mettersi giusto nella traiettoria dei motori e molti vengono catapultati in acqua non dopo aver fatto un paio di capriole ed esser sbattuti sulla sabbia come se fossero bambole. A me sembra al quanto stupido, ma evidentemente anche questa e' una attrazione turistica, con tanto di cartoline che mostrano gli aerei a un palmo dal naso dei bagnanti.

Questa e' St Marten, come l'ho percepita io nei pochi giorni che abbiamo resistito prima di fuggire per non finire i soldi all'inizio del viaggio. Non abbiamo trovato nessuna barca che ci portasse a sud e, non essendoci traghetti, a parte quelli per Saba e St Barth, abbiamo preferito prendere un aereo (piccolino ad elica) per Trinidad and Tobago, dove speriamo ci aspetti una avventura un po' più' selvaggia, mare, dato che non ho ancora fatto il bagno, meno turisti e prezzi più' abbordabili.

viernes, 9 de diciembre de 2011

LE INDIE!


So che e' l'ultimo, ma sta volta il turno di notte mi pesa davvero tanto, non riesco a tenere gli occhi aperti. Le provo tutte: musica, step (abbiamo uno step di quelli a pedali per fare due passi anche in barca!), teh, biscottino, gps, niente, ho troppo troppo sonno. Eppure la luna e' un pallone rotondo e dovrebbe aiutare. Sono le 2 e 15, mancano ancora 45 minuti, come faccio? Ehi, ma, aspetta, cos'e' quella luce? No sono più' di una. Non puo' essere una barca...ehi, fammi vedere meglio...ODDIO! Mi si sgranano gli occhi, mi sveglio di botto: LAND! I've seen it! Ehi l'ho vista per prima, l'ho vista per prima! Dev'essere St Bartholomy. Le lucette si fanno sempre più' grandi e un po' alla volta inizia a vedersi, grazie alla luce della luna, il contorno della terra. Ormai sono le 3 ma io non ho più' sonno, vorrei rimanere in piedi, vorrei non perdermi nemmeno un momento fino al nostro ingresso al porto. Ma vado a dormire, non voglio essere rimbecillita il mio primo giorno a terra. Mi sveglio varie volte e verso le 6 apro l'oblo' sopra la mia testa e mi aspetta uno spettacolo: la luna quasi ha raggiunto il mare davanti a noi e siamo circondati da isolette. Torno a dormire e al mio risveglio e' giorno, il mare e' turchese, pioviggina e siamo ormai vicino alla costa. Il capitano mi da il benvenuto a St Maartin, cosi si chiama il lato olandese dell'isola. Nico butta l'ancora. Siamo arrivati! Dobbiamo aspettare le 9 perche' il porto e' dentro una laguna alla quale si accede solo quando alzano un ponte a livello e questo succede in orari specifici del giorno. Ted si butta in acqua senza pensarci due volte e per una buona oretta non lo si vede più'. Iniziamo a pulire la barca, siamo tutti a palla, abbiamo una energia inspiegabile per le 7 di mattina. Forse e' adrenalina, felicita', smania di scendere a terra. Apre il ponte. Un ragazzo arriva col motoscafo a darci dritte per l'ingresso, un'altro da vicino al ponte ci dice di sbrigarci, altri ci salutano dalla costa. Tutti neri, belli come il sole. Mi piace sto posto!
Parcheggiamo Afrodita e, finalmente, mettiamo i piedi sulla terraferma. Ferma. Bah, in realta' io continuo a dondolarmi come se fossi ancora in barca! In poco tempo puliamo il ponte, ci docciamo e sotto una pioggia ad intermittenza andiamo a mangiare il nostro primo pranzo caraibico, per poi dividerci e andare ognuno a fare la sua perlustrazione in terra indiana. Io e Nico finiamo in un bar con wi-fi zone e ci facciamo due chiacchiere col tipo (bello, bello e bravo!) che ci dice che l'euro va male, che lui si informa e che l'Italia, la Grecia e il Portogallo hanno bei problemini. L'Italia specialmente. Eccola la'. E nemmeno gli avevamo detto che ero italiana. Ma pensa se devo arrivare in centro america per sentirmi alludere a Berlusconi. Chissa' cosa sta succedendo ora con quel Monti la'. Mmm...a me non mi entusuasma per niente sta cosa del tipo mandato dalla banca europea. E va beh, se n'e' andato il berlusca, dobbiamo essere contenti, no? mica si puo' stare a guardare il pelo nell'uovo. Comunque staremo a vedere. Intanto il tipo ci dice che qui gli euri non li vogliono, o al massimo te li considerano dello stesso valore dei dollari. Ok, capito, capito. Ancora non avevo avuto dollari in portafoglio.
Siamo stanchi, torniamo in barca a barci una birra e vedere foto di case di terra in Canada. Sono uguali a quelle in Patagonia. Il mondo e' piccolo.
Domani cerchiamo una barca che ci porti a sud.

jueves, 8 de diciembre de 2011

Ultimo Giorno

Cavolo, ridendo e scherzando sembra che l'ultimo giorno sia già arrivato! Sul GPS il triangolino che simboleggia la nostra barca non e' più solo in mezzo all'azzurro ma si vedono le isole!Wow che emozione! Mi sembra ieri che eravamo vicino a Capo Verde e ci aspettava un interminabile azzurro davanti. E invece e' passata, direi pure che e' volata. Certi momenti sono stati eterni, ma tutto sommato dopo il terzo o quarto giorno e' tutto in discesa e acquista velocità.
Ehi no! Mi sa che ha abboccato un altro pesciolone. Mmm...ho deciso che non mi piace sta cosa. In fondo avevamo ancora del pesce in frigo e siamo praticamente arrivati, che significato ha pescare ancora? No, sta volta non partecipo. Non mi piace più'.
Per fortuna un arcobaleno bellissimo mi distrae: da non credere! Abbiamo iniziato il viaggio con un arcobaleno e lo stiamo terminando nello stesso modo! E' come se fossero due porte: dalla prima siamo usciti per lasciare il vecchio continente e attraverso questa entriamo nel "nuovo". Quanto mi piacciono i segni!
Tutti scattano foto a tutti, inizia a sentirsi la frenesia della fine. Una bella pioggerellina lava Afrodita quasi voglia farla bella per il suo ingresso in porto. Eh si, incontrerà altre amichette là, mica può fare brutta figura! Anche noi dovremmo conoscere altre amichette di Afrodita una volta arrivati perché abbiamo deciso di cercare un altro passaggio per arrivare a Dominique, l'isola da cui ci sono poi traghetti per qualche altra isola. Sembra che sia anche un posto particolarmente selvaggio. Che storie, domani a quest'ora staremo mangiucchiando qualche prelibatezza del posto, magari tra musica regge e buena onda!
Intanto mi preparo per l'ultima cena in barca e mi godo lo spettacolo della luna.

Tierra a la vista (en pantalla)

En cuestion de un abrir y cerrar de ojos pasamos de contar los dias que llevabamos viajando a los dias que nos faltaban para llegar, y casi sin darnos cuenta de repente el GPS dice que mañana a la mañana llegaremos a destino.

Todos se apuran a terminar de leer los libros que habian empezado, terminar las cosas que se habian propuesto hacer durante el viaje. Uno se pone a tomar sol para no llegar blanco al caribe y termina que parece un camaron. El otro pone la linea de pesca (aunque si de pescado tenemos mas que suficiente) y saca otro wahu, que nos dara un par de kilos mas de carne blanca.

Empiezan los llamados con el telefono satelital a los puertos para reservar una amarra para nosotros, y empiezan a fantasearse las cervezas que vendran, los cocktails con la sombrilla en el vaso, las cenas en restaurante y los rumbos que cada uno tomara luego de que nos separemos.

Nosotros tenemos una idea: seguir viajando en dirección sur, lentamente. Veremos si encontramos otro velero que nos lleve por las antillas inferiores (guadalupe, domenica, martinique, sta lucia, etc) hacia trinidad y tobago, y de ahi saltamos a venezuela. Una vez en tierra firme cambiamos barca por bondi y antes o despues llegaremos a los pagos. Si podemos, la idea es evitar los aviones: si conseguimos llegar desde europa hasta aqui sin usarlos por que empezar ahora, ¿no?

Cammino di Luna

Secondo i calcoli che abbiamo fatto, questa e' la penultima notte. Abbiamo finito di cenare e siamo rimasti tutti nel salottino sul ponte a goderci il tramonto e il frescume serale. Il sole se ne va dietro all'orizzonte ma restiamo nel chiarore della luna. Ormai e' quasi piena ed e' dietro a noi. La luce e' talmente forte che il cielo e l'oceano sono azzurrini e le nuvole si distinguono chiaramente nel loro bianco celeste. La guardia notturna la faccio con piacere e nel frattempo la luna si sposta esattamente sopra la barca, sembra che l'albero maestro le gratti la pancia. E' un lampione, e' incredibile il suo splendore e le ombre che crea. Ho seguito passo passo il suo cammino da luna nuova ad ora, tanto che, alla fine, invece del libro di Heminguay mi son letta "Servirsi della luna" (di Johanna Paungger e Thomas Poppe) che ci eravamo portati dall'Italia aspettando l'occasione per cimentarsi nella "scienza" lunare. E quale occasione migliore? E' interessante capirne i ritmi
e saper riconoscere i momenti adatti per svolgere attività' sia nel campo dell'agricoltura, che in quello della medicina, cosi' come nella vita quotidiana di qualsiasi persona. Un tempo tutti seguivano i ritmi lunari, era naturale. Nessuno avrebbe tagliato i propri capelli, o potato una pianta, o iniziato una cura in un giorno qualsiasi. Ma ormai ce ne siamo dimenticati, "noi tutti, a cuor leggero continuiamo a non prestar fede alla scienza dei ritmi. Lo facciamo perché abbiamo eletto la comodità a breve termine quale bene supremo, a spese della ragione, della misura e del modo, ma credendo di poter superare tutto, anche la natura, superiamo solo noi stessi".Comunque non e' mai tardi per ri-impossessarsi di queste conoscenze popolari e ridare risonanza a questa scienza. Poi boh, ognuno vedrà cosa gli sembra più' o meno sensato.
Una nave ci passa ad un paio di miglia di distanza. Sicuro domani mattina lei sarà già a destinazione. Mamma mia, ci siamo quasi...non voglio dire niente fino a che non metto piede a terra...ma devo dire che ho il gusto della vittoria in bocca! Il viaggio e' iniziato con un arcobaleno e finirà' con la luna piena...l'universo e' sempre dalla nostra parte!
Quando mi sveglio per il turno dalle 6 alle 9 e' ancora buio ma la luna già' se n'e' andata. Alzo gli occhi e ad aspettarmi ci sono le solite 2 o 300 stelle cadenti. Mi si accumulano i desideri da esprimere. Ho già' iniziato ad esprimere desideri anche per gli altri. Amici, parenti. Qui c'è' spazio per tutti!

miércoles, 7 de diciembre de 2011

ARIA E ACQUA

Credo stia giocando con noi. E' ormai quasi un'ora che ci gira intorno, si allontana, volteggia nell'aria, va in alto, sempre più' su, per poi improvvisamente buttarsi giù' a picco nell'acqua per pescare, o più' semplicemente per divertimento. Ora che ci penso e' un bel po' che non vedevo un gabbiano. Sara' segno che ci stiamo avvicinando a terra? Eccolo che torna, gira intorno alla barca e poi si allontana nuovamente. Che sensazione di pace che mette. Sono sul ponte, gambe incrociate, auricolari nelle orecchie. In quest'ora del giorno e' piacevole essere di guardia, mentre tutti dormicchiano, si rilassano e sono un po' semi rimbambiti dopo il pranzo. Specialmente oggi che il cielo e' coperto e il caldo ammazzante ha lasciato spazio ad un venticello fresco. Le nuvole sono molto belle in questi ultimi giorni. Alcune sono bianche e ricciolone e sembrano pecorelle che si rincorrono. Altre sono lunghe e sottili. Altre ancora sono ciccione e nere sul fondo e a volte si sfumano verso il
mare lasciando intendere che in quell'aria c'e' un bel temporale in corso. Ieri mattina mi sono svegliata per preparare le colazioni dato che ero la cuoca del giorno e ho ritrovato la sala sgocciolante e Scott, Chris ed Elizabeth sul ponte, tutti incapucciati, che dopo aver sistemato le vele nel modo piu' consono si godevano la tempesta. Il mare era grigio e si vedevano le gocce sbattere sulla sua superficie. Il cielo era tutto bianco, forse perche' la pioggia era cosi' fitta che non si riusciva a vedere niente. Al riparo dentro un contenitore di plastica da cucina, coperto da uno straccio c'era un uccellino nero tutto bagnato che si stava riposando. L'aveva trovato il capitano alle prime luci dell'alba. Era sul ponte, vicino al motoscafo. Era stato sbattuto qua e la dalla tempesta e probabilmente se non avesse trovato la nostra barca, sarebbe annegato stremato. Lo abbiamo lasciato riposare tutta la mattina e poi, una volta uscito il sole, ci siamo riuniti intorno al tavolo fuori e l
entamente abbiamo alzato lo straccio ed il suo salvatore gli ha porto la mano per aiutarlo ad uscire. L'uccellino sembrava aver capito che lo avevamo salvato e dolcemente ha accettato l'aiuto di Scott ed e' rimasto un po' li', sul palmo della sua mano. Non ha voluto il pesce crudo che gli abbiamo offerto, ma e' rimasto qualche minuto in nostra compagnia, quasi per ringraziarci, poi ha aperto le alette, le ha fatte asciugare dal venticello che soffiava gentilmente e dopo una ultima occhiata al capitano, ha puntato l'orizzonte ed ha spiccato il volo. Ci ha accompagnati per qualche secondo e poi si e' allontanato volando felice. Ah, che bella sensazione! Gli uccelli regalano sempre delle grandi emozioni in questa vita da lupi di mare! Ci fanno compagnia e ci riempiono la giornata. Cosi' come i pesci volanti, che non avevo mai visto prima di questo viaggio ed ora vedo ogni giorno e sono parte integrante della nostra quotidianità. Di solito si muovono in gruppo, ma a volte anche in solitu
dine. Li vedi sguazzare fuori dall'acqua e svolazzare a raso-mare per qualche metro, per poi rituffarsi. A volte entrano in un'onda per poi uscirne e ributtarsi in quella successiva. Mi domando cosa mangino, cosa li spinge a lasciare la dimensione acquatica per esplorare quella della superficie. Il capitano dice che secondo lui escono quando sono minacciati da un altro pesce che se li vuole pappare. Lo fanno fesso insomma. Ma poi sai che sfiga se quando si ributtano arrivano proprio davanti al naso di un altro pesciolone magari ancora più stronzo? Comunque sono simpatici e per un attimo ci danno la possibilità di entrare in contatto con un pezzo di vita marina, altrimenti a noi sconosciuta e misteriosa. Ricordano un po' i delfini. E i delfini ricordano i gabbiani. Sono tutti amici che apprezzano la nostra presenza e ci fanno le feste rincorrendo la barca per un po'. Amici di acqua ed amici di aria. Alla fine il mare e il cielo a volte si fondono e si confondono, come nel caso delle
nuvole che lasciando cadere la pioggia si sfumano fino a toccare l'acqua. Sono in simbiosi: quando e' incazzato uno anche l'altro si ingrigisce. Al tramonto il cielo arrossisce e il mare forse si imbarazza e diventa anche lui tutto rosso. La notte scompaiono entrambi per lasciarci intravedere l'universo e ricordarci che facciamo parte di una realtà ancora più grande. Si potrebbe pensare che in una traversata oceanica l'acqua sia la protagonista...e invece no, non solo! E' il cielo che svela i segreti e da' consigli per poter essere sicuri in mare. Bisogna solo imparare a leggerli. Un buon navigatore conosce e riconosce le nuvole, sa come sfruttare il vento e come trarre vantaggio dalle tempeste o evitarle. E quando il caldo e' straziante il vento corre in nostro soccorso e ci accarezza rinfrescandoci. I due elementi, aria ed acqua, sono entrambi la linfa del nostro viaggio.

domingo, 4 de diciembre de 2011

NEL MEZZO DELL'ATLANTICO – giorno 10

Siamo nel bel mezzo dell'oceano. Ormai abbiamo trovato gli Alisei e quindi cambiato rotta: non puntiamo piu' verso sud, ma direttamente a St Martin, Caraibi! Questo Aliseo di solito soffia costante e praticamente fa tutto lui! Il clima e' sempre piu' caldo e cresce la voglia di arrivare e fare un bel tuffo in acqua! Abbiamo anche fatto il party di meta' viaggio e per l'occasione il mare ci ha regalato un bel pesce che ho cucinato in forno con cipolla e limone con contorno di patate. Mi piace l'idea che mangiamo il pesce che peschiamo, insomma, in questo contesto mi sembra molto naturale, ma devo dire che, nel momento in cui approda sulla barca inizio a non provare proprio felicita'. Di solito funziona cosi': chi si accorge che un pesce ha abboccato urla "FISH ON" per attirare il resto della crew. Poi il capitano tira dentro qualche vela per rallentare e Chris si occupa della canna da pesca e, non appena il pesce e' sulla barca Scott gli mette uno straccio sugli occhi (per tranqui
llizzarlo) e lo sgozza. Teoricamente in questo modo muore sul colpo senza soffrire troppo e seguono lunghi secondi, forse qualche minuto, in cui il pesce – a quanto dicono, morto – forse mosso da qualche istinto nervoso, inizia a muoversi come un pazzo agonizzante, finche' cessa tutto. Mi costringo a guardare tutta la scena perche' altrimenti non mi concederei di mangiarlo e devo dire che e' straziante. Mi verrebbe da tenergli la mano per non farlo trapassare da solo. Ma non ha la mano. E se mi metto ad accarezzargli la pinna mentre si contorce tutto mi sa che mi buttano in mare come esca. E va beh, lo so, per chi pesca e' una cosa normale, ma io non sono una abitue' e un po' mi si stringe il cuore. In questa barca siamo per la maggioranza vegetariani ma il pesce lo mangiamo tutti e, dato che le riserve di verdura stanno iniziando a scarseggiare quando sentiamo che la canna inizia a fare quel rumorino a noi conosciuto e' una gran festa. Alla fine siamo animali.
Questa notte e' diminuito il vento e siamo stati per interminabili ore dentro a varie tempeste. Ci inseguivano. Venivano giu' secchiate e non sapevo piu' come ripararmi. Ted mi ha lasciato sola sul ponte per qualche minuto per andare a controllare la situazione dentro e giuro che mi e' sembrata una eternita'. Ner radar si vedevano chiaramente le nuvole e noi eravamo proprio circondati. Ha iniziato ad entrare acqua anche dentro e ci siamo ritrovati con secchi e secchielli sotto coperta. Per fortuna ora il sole splende e la notte passata sembra quasi essere stata un sogno.
Mi sa che siamo nel decimo giorno di traversata, ovviamente non si considerano i quattro giorni da Gibilterra alle Canarie. Sembra che sto viaggio sia la mia vita. Mi sembra di essere da sempre su sta barca e quasi non penso che tra pochi giorni saremo nelle bianche spiagge caraibiche. Pero' alla fine sta volando dai. O forse no. Boh. A volte guardo l'oceano e mi rendo conto che e' pesante non vedere nient'altro che onde. Ma alla fine fa parte del gioco. Il susseguirsi di onde accompagna il fluire dei pensieri e rilassa lo spirito, quasi come una ipnosi.
Man mano che ci avviciniamo alla meta per fortuna compaiono barchette qua e la' e ci divertiamo a chiacchierare con i nostri compagni di avventura via radio, anche per distrarci un po'. Una barca ci saluta e ci dice che si spostera' un po' piu' a est per cercare un po' piu' di vento, mentre questo catamarano a dritta ci consiglia un bar a St Martin che si chiama Sloggy Dollar dove la birra costa due dollari e durante l'happy hour due e che poi magari ci vediamo li'. Quest'altra piccolina non compare ne' nel GPS. Proviamo a contattarla sul canale 16 e si rivelano dei simpaticoni che ci offrono banane in cambio di un nostro membro dell'equipaggio! Sfortunatamente per loro noi stiamo mangiando la pasta al forno di Nico e la proposta non ci alletta troppo, anche se una bella nuotata per raggiungerli sarebbe invitante dato il caldo intenso. Poveracci, gli si e' rotto il sistema del pilota automatico e gli tocca stare tutto il tempo al timone! Dicono di essere la seconda barca piu' piccola
dell'ARC. Che carini! Non hanno abbastanza carburante e in questi giorni di poco vento devono avanzare a zig zag con la vela. Noi invece da ieri notte abbiamo azionato il motore. Speriamo di poterlo spegnere al piu' presto, mi manca il silenzio e la senzazione di volare che si ha quando si va solo con il vento. Comunque il capitano aveva preannunciato che ci sarebbero stati un paio di giorni di secca e che, dovendo arrivare a St Martin in tempo per quando arriva il proprietario, avremmo usato il motore.
Ho finito il libro della Alliende. Mi rispecchio un bel po' in questa donna portata, dal destino, ad essere una vagabonda, ma che conserva sempre nel suo cuore la sua terra e la sua famiglia, anche i membri ormai morti, anche quelli di cui ha solo sentito parlare ma che sente far parte intensamente della sua storia.
Ora ho assolutamente bisogno di un altro libro. Ted me ne fa vedere un paio. Forse inizio "For Whom The Bell Tolls" di Hemingway. Se era "The Old Man And The Sea" era perfetto. Mi accontentero'.
Vediamo che c'ha da raccontarci Hernest.
Prima pero' cerco un po' di ombra in questa barca ardente.
Qui puo' andare bene. Ah, si sta da dio!
Leggo o mi appisolo?
This is the question.

Manteca

Go south until the butter melts, then turn and choose your destination!
(vaya hacia el sur hasta que la manteca se derrita, luego gire y elija su destinacion!)


Y eso estamos haciendo, hace ya algunos dias que la manteca que tenemos sobre la mesada de la cocina se derrite, hoy es practicamente liquida. Hace rato que estamos dentro a los tropicos cerca del paralelo 18 norte. Luego de navegar unas mil millas en direccion sud-sudoeste hemos cambiado rumbo y vamos en direccion oeste, con la proa apuntando a Saint Martin.

Antes de ayer un frente de tormenta que se formo un poco al norte nos redujo el viento obligandonos a encender el motor para poder mantener el ritmo de navegacion y llegar a destino en fecha. Esa noche por un par de horas llovio con una intensidad tal que el drenaje de una de las escotillas no dio a basto y el agua empezo a entrar en la sala.

Cuando me levante a las 6 para preparar el desayuno (era mi turno como cocinero) me encontre con ollas y baldes que, sin mucho exito, trataban de acumular el agua que entraba. Por suerte unos pocos minutos mas tarde dejo de llover y con un sol radiante y arcoiris mediante la catarata se freno y pudimos empezar a darle normalidad a la vida de la barca nuevamente.

Menu para el desayuno: porrige de avena. Almuerzo: pasta con salsa rosa y quesos gratinada en el horno. Postre: torta de bananas. La noche anterior cenamos sopa de pescado, aprovechando las sobras del pescado que habiamos comido antes. Pescado, dicho sea de paso, que nos regalo el atlantico, uno de los tantos. Por ahora tres dorados (de los cuales dos grandes y otro chico) y otro pez chico que nadie supo identificar, ni si quiera luego de haberlo placenteramente saboreado.

Tras pasar un par de dias de un calor insoportable ayer aparecieron dos ventiladores que intentan refrescar un poco el ambiente bajo cubierta. Queriendo se podria encender el aire acondicionado, pero nos resulta exagerado. Para comfort ya demasiado con los lavabos en cada habitacion, los tres baños (todos con ducha y uno con hidromasaje), el lavarropas y la lavavajilla. Por no mencionar la TV plasma de 40 pulgadas, heladera, freezer, y claro la conexion satelital que nos permite, entre otras cosas, recibir el pronostico meteorologico y actualizar este blog.

Lejanos en el recuerdo quedan esos dias en los que para hacer la guardia uno se ponia la campera y el gorro, ahora durante el dia no se puede estar al sol y a la noche solo mangas cortas. Con el correr de los dias todos empezamos a tomar un poco de color, quien mas moreno otros mas rojo camaron. Si todo sigue marchando como hasta ahora en unos 5 o 6 dias podremos desembarcar en las playas del caribe y lucir orgullosos nuestro bronceado.

jueves, 1 de diciembre de 2011

El septimo dia

Los dias pasan y esta pequeña isla que es nuestra barca en este inmenso oceano que nos rodea lentamente avanza. Desde nuestra partenza de Gran Canaria recorrimos ya mas de mil millas nauticas. Nos quedan aun mas de mil setecientas por recorrer hasta la isla de Saint Martin en el caribe.

El primer dia es todo emocion, novedad y curiosidad por afrontar ese eterno mar azul. Vemos alejarse gran canaria y aparecer a nuestra derecha Tenerife con su enorme montaña de 3000 metros, que es el pico mas alto de españa, aqui en medio al oceano. Por la noche aun se ven tenerife y las otras islas menores.

Hoy es thanks giving y la tripulacion gringa decide hacer una cena especial para la ocasion, ya que de eso se trata esta festividad: comer como bestias y agradecer por esa abundancia.

El segundo dia me toca ser el cocinero, con lo cual lo paso tranquilo sin los extraños horarios nocturnos a los que nos someten las guardias. Cocinar cn el movimiento de la barca es todo un desafio fisico y mental. Se aprende a esperar la inclinacion adecuada para abrir la heladera o los armarios; sino todo termina en el suelo.

El tercer dia empiezo nuevamente con mis turnos de guardia, que duran tres horas. Somos siempre dos y es nuestra responsabilidad en esas horas verificar que todo funcione bien y mantener el rumbo mas adecuado en funcion de nuestro destino y del viento. Parte importante es verificar la presencia de otras barcas y tomar decisiones de cambio de rumbo en caso de posibilidades de colision. Hay una larga y compleja lista de reglas sobre la prioridad de paso en caso de un encuentro cercano, pero como siempre al final gana el mas grande. Nos ha pasado mas de una vez tener que cambiar nosotros el rumbo frente a un gran cargo o tanker a pesar de que nosotros navegando a vela tendriamos la prioridad.

Los turnos siguen pasando, 3 horas de guardia, 6 horas de reposo, 3 de guardia, 6 de reposo, y asi se suceden, dia y noche, al punto de confundirse. Por suerte cada 4 dias se rompe la rutina y toca ocuparse de la cocina. El turno de cocinero empieza con la cena, luego el desayuno del dia siguiente y el almuerzo.

Con el correr de los dias nuestras previsiones de fruta y verdura fresca que parecian infinitas inician a disminuir. No es para preocuparse, tenemos latas de conservas para pasar meses a bordo.

Hoy es nuestro septimo dia de navegacion y es una incognita cuantos nos quedan aun por delante. Dependemos de los aliseos (los vientos que corren de este a oeste en la zona tropical) y de su intensidad. Cuando soplan fuerte podemos hacer 10 nudos (millas x hora, aprox) asi como hemos hecho algunas horas a 6 nudos, pero tratamos de mantener un promedio sobre entre 7 y 8. O sea, 180 millas por dia. Si asi fuera en un poco menos de diez dias llegamos. Veremos que tienen para decir las fuerzas de la naturaleza al respecto, de eso se trata.

domingo, 27 de noviembre de 2011

Vita di mare

Sono ormai quattro giorni che siamo partiti da Puerto Mogan e io me la sto cavando alla grande. Sto ancora prendendo un paio di medicine al giorno, ma gradualmente le sto riducendo e magari domani provo a non prenderne piu'.
I turni scorrono regolarmente ed efficientemente e per quanto mi riguarda, da quando siamo partiti dalle Canarie, dormo solo la notte, salvo qualche pisolino sul ponte, ma non mi ricoglionisco a letto dopo ogni turno. Insomma guardo la vita di mare sorridendo e il mare mi restituisce il sorriso.
Siamo al momento a 25 latitudine Nord e 23 longitudine Ovest. Praticamente all'altezza del Senegal, quasi a Capo Verde, ma piu' in mezzo all'oceano.
Al momento andiamo con genoa, fiocco, main sail (cioe' la randa) e stay sail (non so come si chiama in italiano. Il gergo lo sto imparando in inglese e faccio ancora abbastanza confusione) ma ci stiamo preparando per mettere anche un bello spinnaker rosso e blu, per il quale pero' mancano alcuni lavori. Di questi se ne sta occupando Chris, che nella vita "terrestre" tra le varie cose costruisce barche. Quando lo isseremo sara' un momentone, che spero riusciro' ad immortalare. Se il vento cambia direzione bisogna muovere le vele, se cresce troppo di intensita' e' opportuno tirarne dentro una e se invece diminuisce bisogna usare al meglio tutte le vele che abbiamo e per questo siamo in attesa di poter inaugurare lo spi. L'altro ieri sera c'e' stato un problema al timone, che pero' e' stato immediatamente risolto dal nostro capitan Mc Giver, che e' sempre in giro per il ponte a guardare se c'e' qualcosa che non va. Quando si fa una traversata del genere bisogna sempre controllare og
ni angolo della barca e imparare a riconoscere tutti i rumori per poter cosi' rendersi conto se ce n'e' uno nuovo o diverso. Io i miei giretti durante i miei turni di guardia me li faccio, ma molto spesso sono piu' intenta a non cascare in acqua che altro! Anche il sistema AIS, cioe' quello attraverso cui nel GPS compaiono le altre barche con tutte le informazioni relative, ogni tanto non risponde ed in questi casi bisogna contare esclusivamente sui nostri occhi e, magari, nel caso in cui si abbiano dubbi sulla manovra che fara' una barca, la si puo' contattare con la radio e vedere un po' che ci dice.
Sara' un paio di giorni che non ne incontriamo nemmeno una. Ogni tanto sembra di vedere una vela bianca all'orizzonte, ma poi ti rendi conto che era solo la schiuma di un'onda. Siamo soli in questo pezzo di oceano? Ehi? C'e' qualcuno?
Sto leggendo un sacco. Ieri ho finito "Nel Blu" di Giovanni Soldini. Non e' egregiamente scritto, ma d'altra parte lui e' un campione di vela, mica uno scrittore. Pensa che questo si e' fatto un sacco di traversate e qualche giro del mondo in solitario. Si tratta di gare, che a me non piacciono perche' implicano la fretta, ma al di la' di questo, sono occasioni per mettersi alla prova. Credo che in frangenti come questi tiri proprio fuori una parte di te che nemmeno tu stesso conosci.
Ora sto leggendo "My Invented Country", di Isabel Alliende. Strano leggere la Alliende tradotta in inglese, ma mi fara' bene. E' una specie di viaggio nostalgico attraverso la scrittura, in cui racconta il suo paese di origine, la sua natura selvaggia e solitaria, la sua gente. Mi fa pensare un sacco all'Argentina. Infondo i confini sono stati decisi arbitrariamente, percio' non c'e' una grande differenza, soprattutto se pensiamo alla Patagonia. Tra un po' saro' nuovamente la'. Chissa' se sara' cambiata, se saro' cambiata io, o se sara' nuovamente amore appassionato al quale non potro' sottrarmi.
Il turno di notte puo' diventare un momento davvero speciale. Con la musica nelle orecchie e le mani al timone mi cullo per bilanciarmi nel cullarsi di Afrodita, guardo le vele quasi come in adorazione, e cerco di leggere cio' che l'albero, nel suo ondeggiare, sembra scrivere sul cielo stellato. Sto in uno stato di trance e a volte, all'improvviso, mi rendo conto di quanto sia piccola Afrodita e di quanto siamo insignificanti noi nel buoi di questo oceano.

miércoles, 23 de noviembre de 2011

ARCOBALENO

Stiamo tirando su l'ancora! Si parte! A salutarci c'e' un bellissimo arcobaleno che sicuramente ci portera' fortuna..

IL GIRO DELL'ISOLA DI GRAN CANARIA

Ci dividiamo in due gruppi: il primo, composto da Nico, Allison, Ted e la sottoscritta ha la missione di andare a perlustrare questo piccolo paese chiamato Playa Morgan (vicino a Puerto Rico di Gran Canaria) per scoprire se ci sono i pezzi di ricambio che necessitiamo per iniziare la famigerata traversata. Il secondo rimane in barca per varie ed eventuali. Chris e' taxista che ci porta col gommone a riva. All'entrata del porto c'e' un Yellow Submarine con un cartello a lato che dice “vieni a vivere l'avventura submarina”. Ovviamente noi siamo in missione e non possiamo distrarci da queste cose per turistelli. Il paese e' molto carino, lo chiamano la Venezia delle Canarie. Di Venezia ha solo un paio di ponticelli che attraversano un canale, ma in ogni caso e' un gioiellino. Le casette sono quasi tutte bianche o con colori allegri e con i contorni dei muri, delle finestre e delle porte dipinti di un altro colore. Mi sa che lo faro' anch'io nella nostra casetta. Carino, carino. E' pieno di fiori viola e ci sono un paio di piazzette accoglienti vicino al porto turistico. Sono sorpresa perche' e' la prima bella cittadina che vedo, pur essendo di recente costruzione. Gli altri agglomerati che abbiamo visto lungo la costa durante la nostra falsa partenza non sono nemmeno degni di essere definiti. Sono un insieme di edifici nuovissimi tutti uguali che ricoprono le colline e di giorno sembrano pannelli solari e di notte una grande console x un Dj gigante. Abbiamo immaginato essere degli hotel o residences o qualcosa del genere per turisti. Comunque Playa Morgan, pur essendo di buon gusto vive di turismo e solo di quello. Sembra una Bibione in mezzo all'oceano. Solo che per turisti un po' piu' benestanti o piu' sboroni rispetto ai tedeschi in sandali e calzini di Bibione, dato che per arrivarci devi fare un bel salto.

Troviamo il nostro negozio, e' chiuso ma riusciamo a contattare il tipo che ci dice di andarci a prendere un caffe', che lui sarebbe arrivato da li' ad un'ora. Seguiamo il suo consiglio e ci sediamo ad un tavolino di un bar sulla spiaggia, rigorosamente con ombrelloni e lettini. Stiamo per ordinare quando sentiamo un grande botto: BOOM! E non e' il vulcano che sta effettivamente eruttando in qualche isola vicina, sembra che sia scoppiato un tanche di gas in un hotel di lusso ad un isolato di distanza. E ci arrivano voci di feriti gravi. Mamma mao. Dopo pochi minuti arriva un forte odore di plastica bruciata percio' decidiamo di andare a farci un giro per le viuzze ripide della esplodente cittadina. Finalmente apre il negozio ma il tipo non ha cio' che cerchiamo e ci indica un negozio nella citta' di Gran Palmas, da dove eravamo partiti con Afrodita.

Non ci demoralizziamo, affittiamo una macchina, rigorosamente rossa, come la barca e il gommone e decidiamo di partire. All'ultimo momento Ted si ritira dalla missione, tentato da Chris a passare il giorno sguazzando in acqua ed esplorando le caverne con il gommone e si arruola con noi Elizabeh, spinta dallo stesso spirito di esplorazione che ha convinto noi a partecipare a questa dura prova. Nico guida come se avesse appena rubato la macchina e io penso per un attimo che ho piu' paura di andare in autostrada che di attraversare l'oceano in barca a vela. E' tutto cosi rapido, e' questione di pochi attimi, se sbagli son cazzi. In barca, invece, e' tutto piu' lento, riflessivo. Vedi una barca a 10 miglia di distanza sul GPS e gia' inizi a pensare alla manovra che conviene fare, a chi ha la precedenza e a quanto tempo hai prima di incontrarla, e incontrarla vuol dire passare ad almeno un miglio di distanza. E nel frattempo chiacchieri, vai a fare un giro sul ponte o guardi se qualche pesce ha abboccato ad una delle tue lenze. Insomma, un'altra storia.

In poco piu' di un'ora ci ritroviamo a Las Palmas. Tutto e' rimasto come alla nostra partenza: un sacco di macchine, palazzoni imponenti e moderni e tanta gente di fretta. Una citta'. Le prossime ore le passeremo sballottolati da un negozio all'altro, anche se con estrema gentilezza e pazienza di questa gente simpatica che si fa in quattro per aiutarci. Ci concediamo un pranzetto coi fiocchi in un ristorantino tipo osteria di mare di quelli in cui puoi scegliere il pesce crudo al bancone e puoi guardare mentre te lo cucinano. La tovaglia e' a quadretti blu e bianchi e la vista e' direttamente sull'oceano. La missione e' compiuta e decidiamo di tornare a Playa Morgan facendo il giro per l'altra parte di Gran Canaria, in modo da vederne tutta la circonferenza. Tutta l'isola e' in continua espansione, non ci vive molta gente, ma si continua a costruire per i turisti e nella maggior parte dei casi in modo orribile. La strada che percorriamo e' stretta, tortuosa e a strapiombo sull'oceano e quando passano dei grossi camion mi manca per un attimo il respiro, Restiamo un po' delusi perche' pensavamo che questa parte sarebbe stata piu' verde e invece e' estremamente arida e desertica come l'altra. Il verde mi sa che era nel mezzo. E va beh, mica possiamo star qui un mese! E comunque anche questo tipo di paesaggio ha il suo fascino, sembra, come dice Elizabeth, una donna nuda: puoi vederne le reali forme.


Domani e' il grande giorno (speremo).


martes, 22 de noviembre de 2011

PARTENZA- giorno 1

Mi metto quasi appena sveglia i braccialetti che, secondo il principio dell'agopuntura cinese inibiscono i centri sensori di nausea che si trovano sul polso(questi, se funzionano, sono una bella invenzione...), preparo l'I-Pod e verso le 9:30 prendo la prima pastiglia di Dimenidrinato da 50g con caffeina. Sta volta vinco io e che cazzo. Con lo zenzero hai vinto tu, ma ora non mi freghi piu'. Mi sento un po' in colpa per snobbare il metodo naturale a favore del sintetico, ma a mali estremi estremi rimedi, no? Diciamo che in questo caso e' piu' prudente stare bene costi quel che costi. E poi ci vuole equilibrio nella vita, suvvia!
Non appena Allison ed Elizabeth tornano dalla costa dove sono andate per sbrigare le ultime faccende (ci sono in continuazione ultime faccende da sbrigare!) e i guys riemergono dall'acqua in cui si son tuffati per dare l'ultima grattatina al fondo di Afrodita, x pulire via tutte le possibilita' di frenata, si parte!
Ormai si son fatte le 11:30 e io decido di mettermi subito ai fornelli, approfittando del fatto che per ora sto bene e per lo meno faccio la mia parte adesso, nel caso in futuro non possa stare troppo in coperta. Un bel soffritto di cipolla e carote, un po' di funghetti tagliati fini, del vino bianco e nella pentola a pressione un brodino di erbette e spezie varie. Afrodita si allontana dal porto ma da subito le onde sono grandi e inizia a dondolare pericolosamente, per il mio risotto almeno. Si muove tutto, casca per terra una bottiglia che fortunatamente non si rompe e sui miei piedi due bei taglieri di plasticone che se non cascavano stavo meglio. La pentola a pressione su sposta da un gas all'altro, quella con il soffritto lo stesso, tutto e' in procinto di sfuggirmi di mano e io non so piu' con che arto tenere le cose. Fortunatamente arriva Nico che mi dice che e' meglio che io salga sul ponte perche' il mare e' mosso e forse e' il caso che mi abitui al movimento. E va beh, ogni scusa e' buona per prendere il possesso della cucina! Salgo in superficie ed in realta', accomodandomi sui cuscini rossi del salottino mi sento sollevata.
Accendo l'I-Pod e mi metto gli occhiali da sole. Effettivamente il mare e' bello mosso, il genoa e' gonfio e per la prima volta possiamo evitare di usare il motore! Che meraviglia, la barca vola sulle onde e il sole brilla tutto intorno! La musica accompagna i movimenti di Afrodita e mi rendo conto che la paura che avevo nei giorni passati quando si piegava da una parte per seguire l'onda non c'e' piu' e ha lasciato il posto all'emozione di essere trasportati dal vento. Andiamo a 11 nodi e non facciamo quasi rumore. Sono cosi felice che mi metterei a ballare sul tavolo. Non sara' sta medicina? Quasi quasi mi metto a venderla nelle discoteche! O magari è solo zucchero e quello che sento è l'effetto placebo. O forse è semplicemente una giornata meravigliosa. Mi sembra che tutto sia perfetto, esattamente come dovrebbe essere. Chiacchiero tranquillamente con i miei nuovi amici (sono proprio carini, simpatici e si preoccupano che io capisca quello che dicono, che dolci!), vado sotto coperta per prendere un biscottino, mi sento piena di energia e mi sembra di cavalcare le onde. Tutto e' meraviglioso, arriva il risotto ai funghi di Nico accompagnato da una caprese rinfrescante. Faccio il dessert con un altro biscotto e tutto e' semplicemente fantastico. Dalla costa ci salutano file e file di mulini a vento, ciaoooo, ciao mulini,
hasta la vista amigos, avete fatto bene a venire a vivere qui, senti come soffia, ciao, ciaoooo! Tiriamo in dentro la main sail per poter spostare la prua in direzione dei caraibi senza che il vento ci sballottoli troppo e dando due o tre colpetti di motore giusto x poter girare Afrodita. Ecco, l'angolazione e' perfetta, ottima manovra ragazzi (io e Nico restiamo a guardare l'abilita' dei nostri compagni) ed ecco che ritiriamo fuori la vela. Siamo tutti felici, sereni, in sintonia. Fa caldo, il clima e' ottimale, tutto ci sorride. Arriviamo quasi alla fine dell'isola e qui ci aspetta il shadow wind, ossia il punto in cui il vento e' coperto dalla terra e la barca rallenta sempre piu'. Siamo quasi fermi, ma non c'e' problema, e' normale, e' il wind shadow, insomma, sta cosa qui e va benissimo, dobbiamo solo ritirare indentro le vele e usare un po' di motore. Il geonoa rientra senza problemi ma il main sail stavolta non ne vuole sapere. Aspetta, che succede? Avevamo gia' avuto dei problemi nei giorni scorsi ma sembrava essere tutto risolto. Ehi, Nico, che c'e' che non va? Che dicono? Che blaterano? Niente, non ce la si fa. Il capitano si arrampica, tutti cercano di dare una mano ma niente. Il sistema che dentro l'albero maestro dovrebbe riavvolgere la vela principale non funziona di nuovo. Mi sento cadere dall'arcobaleno che stavo cavalcando, la mia bocca rimane aperta. Madonna sta medicina, ma cos'era un pusher o un farmacista? E va beh, che si puo' fare? Alla fine siamo stati fortunati dai, pensa se ce ne fossimo accorti in alto mare! Ma si, dai, avviciniamoci alla costa e vediamo cosa possiamo fare. Il capitano non si scoraggia mai, trova sempre il lato positivo di ogni scosa e sprizza entusiasmo da tutti i pori pensando a cio' che di buono portera' la nuova situazione creatasi. E tutti ci facciamo scivolare nel suo stato, ci sembra quasi bello che si sia creato un problema all'albero e iniziamo a esplorare la costa che si
avvicina sempre piu'. Il sole sta ormai tramontando e ancoriamo vicino al porto di Puerto Rico, forse l'ultima citta' dell'isola. Scott si mette sulla sua seggiolina e si fa tirare su in cima all'albero maestro e inizia a trafficare da bravo Mc Giver quale e'. Qualcuno lo aiuta ed io, con altri, entro a fare un aperitivo, mentre Nico si rimette ai fornelli. I discorsi vanno in direzioni letterarie e si inizia a parlare di libri che lasciano una impronta. Ted racconta di uno che ha a che fare con un pacchetto di Camel e con la scritta CHOISE, che allo specchio sotto sopra si legge uguale. Proviamo. E' vero! Incredibile. Suggerisco che forse vuole indicare che qualsiasi sia la tua scelta, il destino e' gia' scritto, non cambia. Allison aggiunge che c'è sempre un motivo per cui le cose accadono... Magari domani lo scopriremo.

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Nos comimos el amague

Si si, nuestro velero tiene la gambeta de maradona o del beto marcico, y cuando pensabamos que nada nos frenaria hasta llegar al caribe terminamos unas cinco horas mas tarde tirando el ancla en la otra punta de la isla gran canaria.

El problema: una pieza mecanica que permite izar y bajar la vela mayor se rompio. Otra pieza cercana que hace parte del mismo sistema la habiamos reparado en el viaje de gibraltar a las canarias, en pleno oceano ya que estabamos lejos de la costa.

Por suerte hoy el problema surgio cuando estabamos recorriendo las ultimas millas de costa de la isla gran canaria ya que partimos este mediodia desde las palmas que es al norte en direccion sur. Dado que estabamos todavia cerca de la costa decidimos meternos al reparo en una bahia cercana a puerto magon para meter mano al problema.

Maniana temprano nos toca ir hasta el puerto con el gomon y desde ahi con un taxi ir hasta las palmas a comprar unos repuestos en una ferreteria. Si todo marcha bien al mediodia tendriamos que estar de vuleta aqui y con una hora de trabajo arreglar la pieza rota y reemprender el camino. Esperando esta vez que nada mas falle porque ahora si no veremos mas tierra firme hasta dentro de un par de semanas.

Zarpamos

Con el ultimo pelo de señal, el ancla ya levantada, las velas que empiezan a desplegarse, la tierra firme que se aleja, y el oceano por delante... ahí vamos!

Limpieza, por dentro y por fuera

Antes de partir hacia nuestra aventura oceanica no solo le dimos una lavada por dentro a la barca, sino tambien por fuera. Es que algas y moluscos hacen dedo y se pegan al casco para viajar con nosotros al caribe. No es mala onda, pero sin ellos hay una diferencia de velocidad, y por ende de la cantidad de millas que podemos hacer por dia.

Asique fue cuestion de meterse el traje y ¡al agua pato!

lunes, 21 de noviembre de 2011

Ya estamos en Canarias

Este viaje, como tantos, empezo en una manera extraña; lo cual para nosotros es ya la normalidad. Dos días antes de partir nuestro plan era tomar un avion hasta barcelona, y desde ahí otro hacia las canarias para buscar el velero con el cual cruzar el oceano. Como los planes solo existen para cambiarlos eso hicimos.

¿Por qué? Porque cuando ya teniamos todo listo para partir nos contactaron desde el velero en el que habiamos estado navegando hace un mes para preguntarnos si nos interesaba embarcarnos con ellos ya que los habia abandonado uno de la tripulación. Sin pensarlo compramos un nuevo pasaje y desde barcelona volamos a Gibraltar, donde nos esperaban para zarpar hacia las canarias.

Antes de partir hacia alla, en nuestra escala en Barcelona, aprovechamos las 6 horas para ir a visitar a nuestra amiga Lucy que desde hace algunas semanas vive ahi. La visita fue fugaz pero magica. Dado el avanzado horario en la madrugada y el hecho de no haber dormido esa noche la mañana siguiente el encuentro parecia mas un sueño que un recuerdo.



A nuestro arrivo al aeropuerto de Malaga (el mas cercano a Gibraltar) estuvimos algunos minutos viendo como todos se llevaban su equipaje sin que el nuestro apareciera. Esto era un serio problema ya que nos estaban literalmente esperando en el puerto para zarpar ni bien llegaramos. Cuando fuimos a reclamar la aerolinea no tenia idea de donde pudieran estar nuestras mochilas, ciertamente no habian llegado a Malaga, pero segun decian tampoco estaban en Barcelona.

La idea de hacer un viaje como el que estamos haciendo sin nuestra carpa, bolsa de dormir, ropa en general, ropa impermeable para el barco, etc, no era para nada alentante. Aunque si la aerolinea decia que probablemente apareceria y que en caso nos la enviarian a las Canarias ya la idea de hacer los cuatro dias de navegacion hasta alli sin el equipaje parecia demasiado. Por suerte cuando ya estabamos por darnos por vencidos nos avisaron que habian encontrado las mochilas: estaban todavia en barcelona nos las enviarian con el proximo vuelo que llegaba a la noche.

Por suerte, asi como nuestras mochilas se demoraron tambien se demoro un repuesto del barco que nuestros colegas estaban esperando en gibraltar, con lo cual de cualquier manera se partia el dia siguiente. Así, nos fuimos a pasar algunas horas a Marbella y de ahi al velero. Nuestro equipaje llego el dia despues por la mañana directamente al puerto.

Esa misma tarde, luego de los ultimos preparativos zarpamos hacia las canarias. Somos siete en total y entre todos nos damos turnos de guardia. Se navega dia y noche, sin parar. Los turnos duran tres horas que a veces pasan volando y a veces parecen no terminar jamas. El velero, aunque si es grande, se mueve bastante con las olas. La primera estuve mal y vomite, luego el resto del viaje perfecto. A Cate le pego mas duro y por momentos juro no volver a poner pie sobre una barca nunca mas.

Llegamos a las canarias luego de tres dias y medio de navegacion. Volver a pisar tierra firme fue extraño: seguia balanceandome como para compensar la oscilacion del velero mientras caminaba. El dia que llegamos aqui vimos partir la ARC una regatta en la cual participan mas de 200 barcos que cruzan al caribe. Una postal impagable ver todas esas velas partir, sabiendo que van con el mismo rumbo que nosotros pronto tomaremos.

Mañana a la mañana se parte. Seran minimo dos semanas de navegacion ininterrumpida hasta Saint Martin. El pronostico meteorologico es bueno, los vientos parecen estar de nuestra parte. Tenemos provisiones para mucho mas tiempo del que pasaremos a bordo, hambre jamas pasaremos. Agua, combustible, gps, y hasta internet satelital; cada tanto podremos tambien actualizar este blog, asique mirenlo cada tanto si quieren saber como sigue esta aventura.

Gibilterra-Gran Canaria

Finalmenteeeeeeeeeeee!Mamma mia, che bello vedere le case, la gente al molo, le macchine, i semafori...che fighi i semafori, ma quanto sono fighi i semafori? Quell'alternarsi di rosso, arancione e verde...è così casalingo, così fermo, così terraaaaaaaaaaaa!!Certo che se mi sento così dopo soli 4 giorni di navigazione cosa succederà quando arriveremo ai Caraibi? Va beh, comunque la prima tappa è raggiunta. L'equipaggio è stato organizzato in due gruppi: il primo gruppo è formato dal capitano, sua moglie Allison e Ted, il fratello di Allison. Il secondo da me, Nico, Cris ed Elizabeth. Il primo gruppo i cui membri sono i piu' esperti, durante il giorno ha guardie di 4 ore alla volta e di notte 3 e il nostro gruppo sempre 3 e quindi vuol dire che lavoriamo 3 e poi siamo liberi 6. 3-6-3-6-3-6-3-6 ecc. e in piu' noi un giorno ogni quattro siamo i cuochi del giorno, e il cuoco del giorno prepara colazione, pranzo e cena e pulisce, ma diciamo che si riposa anche un bel po'.  Io credo che ad un certo punto non ci ho capito piu' niente e sostanzialmente dopo le mie 3 ore di guardia mi infilavo in cabina a dormire, forse per non sentire il mal di mare. Risultato (o causa, non lo so): alienamento quasi totale, confusione tra giorno e notte, confusione generale, sonno continuo. Non riuscivo a stare in coperta se non sotto le coperte. La guardia andava bene, a parte una volta che ho fatto una gettata cosi, giusto per dare da mangiare ai pesci, ma poi finito il turno attraversavo la zona della sala veloce come un missile per raggiungere la postazione in cui potevo scollegarmi completamente dal mondo.  E' incredibile quanto il tempo sia assolutamente relativo: per me questi 4 giorni sono stati almeno 15. Sarà stato perchè ho dormito alla fine di ogni turno, o perchè sono stata male...non lo so, ma mi è sembrato un viaggio eterno, soprattutto l'ultimo giorno, quando ormai mi ero detta "'fanculo, io scendo alle Canarie, ma chi cazzo ha mai detto che bisogna attraversare l'oceano in barca a vela? Cos'è questa necessità di avventura? Questo voler x forza fare le cose in un'altra maniera, fare le missioni impossibili? Perchè dobbiamo fare i navigatori fighi se non sappiamo nemmeno come si apre una vela???Ma chi me lo fa fare, basta, me ne vado! Scendo qui, alla fine siamo alle Canarie, mica a Torcello, no?Che cazzo, l'esperienza l'abbiamo fatta. Bello, grazie. E poi questi parlano sto americano che porca troia non si capisce un cazzo awana gana, arrana wana, ma parla come che ti magni!" e quindi contavo i minuti, mentre il vento era sempre piu' forte e la barca dondolava in maniera sempre piu' insopportabile. Avevo anche detto a Nico
che lui avrebbe dovutro continuare senza di me, perchè se per lui era importante non doveva lasciarsi scappare questa possibilità, che davvero ci è piovuta dal cielo. Ci saremmo potuti incontrare poi ai Caraibi, o in Messico o in un cavolo di angolo di mondo che non si muova in continuazione..ma lui, dopo essere stato un bel pò sul ponte a fissare l'orizzonte, come i veri marinai, è sceso in cabina dicendomi che sarebbe rimasto con me, che comunque dalle Canarie sarebbe iniziata un'altra avventura, e che ci sarebbe stata un'altra possibilità per navigare in un altro momento.
Sarà stato l'amore di Nico, sarà stata la storiella che il capitano mi ha voluto raccontare e che io non riprodurro' ma il cui succo era che le cose se le si suda hanno un sapore piu' buono...sarà stata la felicità dell'arrivo, o il fatto che una volta fermi il male si e' volatilizzato completamente e sedutastante ed e' rimasto il ricordo dell'emozione data dai miei amici delfini che giocherellavano vicino alla barca, dalla tartaruga solitaria, dalle balenottere che facevano capriole l'una vicino all'altra, dal pesce volante ritrovato una mattina sul ponte
La nostra Aphrodite e sullo sfondo le barche dell'ARC
e dalla luna che illumina il mare. Sarà stata la empatia nel vedere la partenza delle 270 barche dell'ARC, la regata che ogni anno parte dalle Canarie per arrivare ai Caraibi.
Sarà stata la magia del mare, non lo so, ma ho deciso di rimanere, attraversare sta pozzanghera atlantica ed arrivare a questi Caraibi tanto sognati, provando sulla mia pelle quanto e' grande sto nostro mondo.